18 marzo 2009-Perugia

AIDS e pregiudizi
Esperienze di cooperazione e lotta all’AIDS
Di Pino Zumbo


Quello che pi๠mi attraeva di questa esperienza era il laboratorio del teatro dell’oppresso.
Lo scambio d’esperienze attraverso tecniche di stimolazione (teatro), visto che in campo di prevenzione siamo abbastanza fossilizzati da decenni. Francesca ed Emanuela, (del Centro Studi Ricerca e Cooperazione ONG) hanno organizzato, secondo me, una buonissima iniziativa, innovativa e completa, modulando teatro ‘esperti’ e pubblico.
Unica critica è il tempo troppo compresso per fare tutto.


Alla fine del lavoro, dove ognuno ha dato pi๠o meno il suo contributo, devo dire che le mie sensazioni sono discordanti.

Il discorso africano è complesso, c’è tanta emergenza, ci sono tanti bisogni primari, ci sono tanti morti, ma ci sono anche tante organizzazioni, medici , volontari che con molta fatica stanno adoperando mezzi,  conoscenze,  fondi e uomini, tutto il mondo collabora.
C’è cooperazione, scambio, e si è sotto i riflettori. Chiaramente non generalizzo, conosco molti operatori di ONG, e mi è chiaro dalle loro testimonianze, che farlo nel Swaziland non è come farlo in Darfur o in Somalia, anche se i bisogni restano uguali per tutti.
Tra noi c’era Giorgio che è il coordinatore dell’Osservatorio Italiano sull’Azione Globale contro L’Aids, ha vissuto per 7 anni in Africa, e alla fine della cosa si è stupito di come siamo messi in Italia.
Dava per scontate un sacco di cose, che cosଠscontate purtroppo non sono.
Ho spiegato che nelle tante scuole dove vado io, ma i dati nazionali lo confermano ovunque nella penisola, le ragazze sono convinte di proteggersi usando la spirale o l’anticoncezionale.
Se chiedi come si può contrarre o non contrarre l’aids, le risposte agghiacciano.
Ci sono sempre pi๠persone che sono convinte che usare lo stesso bicchiere o lo stesso asciugamano possa infettarlo, altri non ti stringono la mano per il solo terrore del contatto, altri ancora ‘disinfestano’ la tavoletta del water, buttano via l’asciugamano, il sapone.
Alcuni si sono visti piazzare bicchieri e piatti di plastica a tavola con il tovagliolo di carta, unica tra gli invitati.
4000 nuovi casi all’anno, e per ogni uno che esce dal sommerso tre s’infettano entrandoci inconsapevolmente.
Queste sono le statistiche.
Se le studentesse hanno certe convinzioni e i genitori certe paure, dopo 25 anni di prevenzione a tutti i livelli, (se pur con interventi e campagne pi๠o meno discutibili) siamo messi cosà¬, vuol dire che siamo nel dramma.
Le castronerie del santo padre non aiutano, anzi, aumentano confusione, creano alibi e morti, siamo già  messi male senza bisogno del suo rincaro.
Andiamo a fare gli splendidi in giro, e poi in casa siamo messi da terzo mondo.
Questa è la nostra realtà , quella di cui si è stupito giustamente Giorgio. Questa è stata una parte del dibattito, ed è uscita tramite il lavoro di Olivier del teatro dell’oppresso, anche se non ha potuto concluderlo per motivi di tempo. Si è dimostrato, che per riflettere, non servono solo i pallosi seminari scientifici dove si sparano nozioni a tappeto e si mostrano dati e numeri che sfiniscono, quelli dove la gente si deve fare violenza per non dormire.
Qui qualcosa è passato.


Pino Zumbo