Una giornata particolare



Una giornata particolare
Racconto di Pino Zumbo


 


Milano. Autunno. Pomeriggio uggioso, una multisala del centro trasmette il film “Una giornata particolare”. La sala non è gremita, gli spettatori seguono in religioso silenzio.
Lo schermo recita la scritta: Fine.
Le luci si accendono. Gli spettatori alzandosi s’incolonnano tra le file di poltrone amaranto per guadagnare il corridoio verso l’uscita.
Viruz rimane seduto ad osservarli.
Massimo ed Elena seguono la fila sorridenti, quando ad un tratto lui vede qualcosa.


C’è la mia ex prof di filosofia!
Finalmente! Me ne hai parlato tanto”¦ chiamala.
Professoressa!

La signora elegante si gira.

Sono Massimo. Ero suo studente di filosofia al liceo”¦ qualche annetto fa.
Ciao! Che piacere rivederti! Come stai?
Lei è Elena, la mia fidanzata.
Molto piacere, Max mi ha parlato spesso di lei.
Ne sono lusingata, piacere Ottavia.

Il terzetto si ferma davanti all’uscita del cinema mentre gli altri sfollano.

Prof, vorrei poterle parlare, ha tempo un giorno di questi?
Certo. Con piacere, combinazione oggi non ho impegni, sono libera. Va bene?
Speravo d’incontrarla, ho bisogno di parlarle, è molto importante per me”¦
Certo! Sono tutt’orecchi.

Massimo è vistosamente imbarazzato.

Non è facile per me”¦Vorrei confrontarmi con lei,  su un tema che non avrei mai pensato di dover prendere in considerazione nella mia vita.
Se ti conoscevo bene, quella faccia non preannuncia niente di buono.
Sono preoccupato prof. Ho contratto una brutta malattia infettiva.
Sei sicuro di volermene parlare ora? Cosଠsu due piedi?

Elena abbozza un sorriso dolce e rassicurante.
Noi siamo le uniche due persone con cui si sente di confidarsi, è stato un miracolo averla incontrata”¦
Non ne hai parlato neppure con la tua famiglia?
Soprattutto. Sono troppo lontani, non comprenderebbero. Lei mi conosce, non amo i preamboli: Sono spaventato, ho la testa compressa come in una morsa”¦ ho contratto l’Hiv.

Ottavia s’incupisce, lo sguardo è desolato, le dispiace, ma si chiede: perchà© lo confida proprio a lei?
Mi spiace veramente. Una bella mazzata”¦ma non disperare. Oggi ci sono farmaci efficaci, in grado di combattere”¦  
Prof, niente frasi di rito. Le filosofie si offuscano, al cospetto di virus mortali.
Perchà© vuoi confidarti proprio con me su questo?
Perchà© lei è la persona più colta e profonda che conosco, sono certo che non è ottusa da pregiudizi e stereotipi, non mi giudica.
Grazie. Ma credo che il fato sia qui anche per un altro motivo.
Quale?
Ottavia estrae un bigliettino da visita dalla borsa.
Abito qui vicino, se non avete impegni, parleremo meglio.
Volentieri, il tempo di fare un salto a casa e cambiarci.
Un oretta, va bene per lei?
Certamente. Ti confiderò il mio segreto…

La coppia sale sul tram al volo e si dirige verso casa, che dista a poche fermate.
Sei contento? àˆ tanto che speravi d’incontrarla”¦
Avrei preferito parlare d’altro”¦ ma sono contento di potermi confrontare con uno spirito superiore alla media. Sono un po’ teso, chissà  cosa avrà  voluto dire col confidarmi il suo segreto?
Non fare l’enigmista, tra poco ce lo dirà .

A casa si sciacquano e si cambiano, Massimo è ansioso.
Secondo me, ha qualche amico col mio problema.
Amore”¦ lo scopriremo solo vivendo.

Nel frattempo nell’altra casa, Ottavia in punta di piedi prende la scatola del the nello stipetto in alto.
Menomale che sono andata al cinema per rilassarmi. Brutta storia. Chissà  che piega prenderanno i discorsi, non si aspettano di sentire quello che gli dirò”¦
Il campanello suona all’orario stabilito.

Eccoci qui”¦
Benvenuti, accomodatevi. 
Grazie, permesso”¦
Accomodatevi in soggiorno. Stavo preparando del the, gradite?
Si, grazie, molto gentile.
Grazie, lo prendo anch’io.

Il soggiorno è ampio: Divano enorme, tappeti di pregio, tv al plasma sul muro, un affascinante acquario. La libreria a muro è piena di volumi, le piante fanno capolino qua e la. In una cuccia di vimini c’è una gatta bianca norvegese che sonnecchia.

Lei è Sputnik. La mia fedele amica e compagna, torno subito.

Pochi minuti dopo torna con la teiera fumante e l’occorrente.
Vuoi parlare di filosofia o di Hiv?
Entrambi. Sono venuto apposta, m’incuriosisce anche il suo segreto.
Ma lei conosce l’Hiv?

Ottavia solleva la tazza a mo di brindisi.
Abbastanza purtroppo. Sono una paziente Hiv dal 1984. Alla salute!

Viruz sorride appoggiato dietro le tende.
Elena e Massimo restano con le tazze alzate come un automatismo, inebetiti.


Caspita che segreto!
Questo si; ch’è un segno del destino”¦
Ottavia aggrotta gli occhi.
Una beffa del destino. Ecco perchà© davanti al cinema, ti ho chiesto perchà© volevi confidarti con me proprio su questo tema.
Ha ragione, è una beffa! Due persone come voi”¦
Cosa intendi dire?
Intelligenti, agiate, istruite, colte”¦

La gatta alza la vibrissa socchiudendo pigramente un occhio, una fessura nera in campo giallo, quasi a sottolineare la stronzata che ha appena sentito.

Pessimo approccio, adesso entreremo nel merito”¦
Lei mi sbalordisce, allora”¦ quando insegnava al mio liceo era già  malata”¦
Si. Ora non insegno più. Sono una preside in pensione. Direi che possiamo darci del tu.
Come hai fatto a mantenere il segreto per cosଠtanti anni?
Non è stato un segreto per tutti, le vicissitudini non mi hanno dato scelta.
Non lo avrei mai immaginato”¦
Perchà© di te, lo avresti immaginato? Tu come ti sei infettato?
Massimo abbassa lo sguardo.
Stupidamente.
Non avevo mai preso in considerazione l’Aids. Mi sentivo distante”¦ a posto.
Su tutti i media accentuavano sempre sulle categorie a rischio. Non appartenendovi, anzi, tenendomene costantemente ben lontano, ero sicuro di non poter contrarre nulla.

Il suo tono s’inasprisce, divenendo quasi sarcastico.
Ho avuto rapporti occasionali con altre turiste single durante crociere, concerti, viaggi, congressi. Persone normali come me. Etero, giovani e libere. Non ho dipendenze, mai andato con prostitute.  

Ripensa a quel giorno, nell’ambulatorio della sentenza inappellabile.
L’anno scorso feci alcune analisi a causa di un banale herpes genitale. Mi comunicarono la raccapricciante sorpresa: Sieropositivo. Rifeci il test, ma fu confermato.

Massimo si rivede sdraiato in branda con le mani dietro la testa, sguardo fisso sul soffitto.
M’isolai totalmente. Arroccato e sigillato nella mia paranoia.
Ero sotto shock, non ho idea di quale ragazza o donna sia stata l’artefice del mio contagio.

E tu Elena?
Sono sieronegativa. L’ho conosciuto a scuola due anni fa, è sempre stato corretto, gli ho dovuto fare una corte spietata.
Da quanto state insieme?
Da quasi un anno.

Elena rimembra con romanticismo. La sera stellata, il portone sul cortile, sotto il lampione…  
Lo amo. Sulle categorie a rischio usavo anch’io lo stesso alibi mentale.
Dovetti fargli una corte spietata, se non fosse stato ostinatamente coraggioso e sincero, forse mi sarei infettata. Una sera cedette al mio caparbio amore e nacque qualcosa.
Com’è venuta fuori?
Fui messo alle strette”¦

Ricorda il suo avvilimento con il preservativo in mano, seduto sul letto senza parlare, mentre lei sbraitava ogni genere di risentimento.
L’insistenza ad usare il condom m’indispettiva, sembrava sfiducia, diffidenza in me.
Lasciarla o dirle la verità ? Scelsi la seconda.
Ora lo amo ancor di più, accettando consciamente ogni precauzione. 

Raccontaci di te, com’è la tua storia?
Come tante altre, figlia del proprio contesto.
Ho superato il mezzo secolo ormai, metà  vissuto con la morte a braccetto”¦ l’Hiv, che ha sempre scandito le mie giornate.
Com’è andata? Eri molto giovane.

Ottavia rivede e risente quello che dice, rimbalzano come riflesse in uno specchio opaco.
Ho attraversato le rivoluzioni della mia generazione. Studentesche, culturali, sessuali, lottando per i diritti dal 68 in poi. Gli anni di piombo, la strategia della tensione”¦ lo stato, i rossi, i neri”¦ tutti contro tutti.

I pensieri si materializzano in fotogrammi immortali, lo sguardo si fa profondo.
Nel 74 conobbi (a una sua personale) l’uomo che mi cambiò la vita.
Era un pittore astrattista, somigliava a David Bowie, affascinate, elegante, strafottente. Lo adoravo. Lo sposai nel 78, davanti a un corteo di moto che rideva e ci tempestava di riso davanti alla chiesa.
Qualche tempo dopo capii la verità : mi tradiva costantemente, avevo più corna di un cesto di lumache, lo lasciai nel 82, poco dopo la mia laurea.

Ottavia entra nel merito.
Nel 84  mi si gonfiarono le ghiandole sotto ascellari. Fastidiose e dolorose, decisi di andare a farmi visitare all’ospedale.   
Erano i linfonodi?
Già . Mi proposero il test con altri accertamenti, chiamandolo Htvl3, l’antico nome dell’Hiv.
Rimasi perplessa, ma all’ora, non vedevo nessuna minaccia.
L’unica “˜categoria’ menzionata era quella gay, quindi mi sottoposi senza grosse apprensioni.

Anche lei si rivede con il test in mano.
Il test fu ripetuto e confermato. Fu mio marito ad infettarmi.
Io non l’avevo mai tradito, neanche una volta, neppure per ripicca.
Durante i due anni dopo la separazione, per me il sesso rimase distante”¦ nessun comportamento a rischio.
Come la prendesti?
Male. Si moriva come le mosche, l’aspettativa di vita era minima. Sei mesi al massimo.
Il virus agiva rapido come una cancrena. Niente cure, avevo meno di trent’anni e già  un piede e mezzo nella fossa”¦ Cosa vorresti sapere di preciso?
Quello che m’aspetta. Tutto quello che c’è da conoscere, che può servirmi”¦
Io sono innamorata, ma a parte le precauzioni, non conosco quasi nulla di questa infezione”¦
Purtroppo anche io”¦ nonostante tutto, ne so poco.

Sebbene sia stata la malattia più mediatizzata per molti anni, le persone la conoscono ancora molto poco. La storia e milioni di defunti hanno insegnato che le categorie sono state fuorvianti.
Hanno fregato e fregheranno ancora tanta gente purtroppo.
Sono i comportamenti a rischio che fanno la differenza.
Chiunque sia sessualmente attivo deve fare attenzione.
Durante molti dei miei ricorrenti prelievi mensili e durante qualche ricovero in clinica, ho avuto modo di condividere esperienze con molti pazienti insospettabili.


Sputnik salta dalla cesta sulle sue gambe accoccolandosi morbidamente.
Vi stupireste. La popolazione è molto varia: Conosco sacerdoti, politici, forze dell’ordine, professori come me, avvocati, perfino medici”¦ altro che categorie”¦ l’aids non dimentica nessuno.
La disinvoltura sessuale adolescenziale, passa anche attraverso le droghe e l’alcol, devastano la percezione del rischio. La pillola blu ha ridato vigore sessuale anche agli anziani, facendoli tornare sessualmente attivi. Quindi, dalla pubertà  alla geriatria, tutti dovrebbero ponderare, stare allertati
.

Sono le categorie che mi hanno fregato!
Hanno sempre detto: drogati prostitute e gay”¦
Etichette. Buone per il supermercato, con i virus non contano, è il comportamento che inchioda alla croce, non la categoria. Da tempo ormai, hanno sdoganato l’Aids come una semplice malattia cronica, curabile, hanno tagliato fondi ed attenzione, ma questo rimane sempre il virus dall’esito mortale di sempre, inguaribile. Che esige un enorme tributo fisico anche per le sue cure.

Che vuoi dire?
Questo virus è un assassino che muta. Le cure sono toste, tossiche, spesso invasive, picchiano forte sul metabolismo, gli arti, gli organi. I contendenti si scontrano senza esclusione di colpi o armi chimiche, ma il campo di battaglia, quel che resta, siamo noi. Anche gli oncologici patiscono le pene dell’inferno, immaginate se le cure si protraessero per sempre? Che resterebbe del fisico? L’Aids costringe a prendere salvavita giornalmente, per sempre, non è uno scherzo.
Altro che cronicità . Il fisico già  compromesso si depaupera, si consuma, si logora; come in una metamorfosi. Ma non basta”¦

Ottavia si accende una sigaretta, “¦erano mesi che non succedeva.
Sieropositivo significa spesso essere costretti a portare avanti due vite parallele,  a mascherarsi per sopravvivere. Una doppiezza che snerva, avvilisce, impoverisce le difese immunitarie.
L’umore per molti, è perennemente quello di chi vive con una spina piantata nel sedere.
Un paziente Hiv deve celarsi.
La tiene nervosamente tra le dita ma non tira nessuna boccata.
E’ incredibile quanto ferocemente alcuni si attacchino alla propria infelicità , bruciando energie per alimentare la rabbia. Vite nuove pronte alla vita piene di potenzialità , che un virus rende repentinamente usate. Consegnate agli odi e rancori più insignificanti.
Se ti fai ingoiare dal gorgo, alla fine qui”¦ non rimane più niente alla morte, da portar via.
L’Aids è considerata una condanna capitale, nel mio caso da oltre venticinque anni.
All’inizio mi diedero sei mesi di vita.
La sigaretta si consuma tra le dita in una spirale di fumo.
Poi divennero due anni, poi cinque, poi dieci”¦ Senza obiettivi e progetti, se non quello di sopravvivere settimana dopo settimana, mese dopo mese”¦ un giorno alla volta, come se fosse l’ultimo. A testa china sbirciando lo scandire del tempo, come per paura si accorgesse di me. Mentre il mio mondo bruciava e gli amici mi morivano attorno.
Niente utopistici miracoli, guarigioni o grazie da aspettare”¦nell’ecatombe degli anni 80/90.

Come hai fatto a resistere?
Tu non hai aspettato supina l’inevitabile. Cosa ti sei detta?
Se avessi atteso la sentenza senza reagire non ci sarei più. La vita è una. Unica.
M’è toccata questa, troppo sacra per non provarci lo stesso. Un ora di vita è sempre vita. 
Ho mantenuta accesa la fede, alimentato una flebile speranza , che significa credere in qualcosa che non sono in grado di provare.

Mi attende una vita dura”¦
Ti attende una vita scandita dall’impermanenza, come tutti.
Diversa, mediata, vissuta con  accortezza, conservandoti, rinnegando gli eccessi.
La malattia ti terrà  con i piedi per terra, ma si schiuderanno altri mondi.
Credo di capire cosa intendi”¦
Io no, tipo cosa?

Viruz li osserva in silenzio, sorride”¦


Fine prima parte