Dottoressa Penta, buonasera.
Non sono in attesa di fare o ricevere il risultato del test. Test ne ho fatti, esagerando.
La storia è iniziata quasi un anno fa.
Rapporto protetto con ragazza, una ghiandolina si gonfia, test negativo, ansia, test negativo, ansia, test negativo, ansia, sintomatologia generalizzata... Ho fatto ogni tipo di esame clinico, ho speso una barca di soldi, ho fatto visita a innumerevoli specialisti di ogni branca. E sarebbe andata avanti così se non mi fossi imposto di smetterla. Dico bene: imposto. Cioè, la mia parte razionale si ribella ed impone ad un'altra parte di me di adottare comportamenti contrari a quelli che vorrebbe attuare (collezionare referti medici). La mia parte inconscia infatti, per tanto tempo, mi ha cotto alla griglia, di fronte all'evidenza della realtà, di un rischio non corso e della scienza medica dalla mia parte.
Leggevo in un vecchio post del forum un ragazzo che, nel vortice ansia-test-sollievo-ansia, si è reso conto che era il senso di colpa che lo consumava, che lo faceva soffrire anche fisicamente: che lo puniva. Leggendo quel post ho avuto un'illuminazione. Anche io mi rendo conto ora di come mi punissi (e mi punisco ancora leggermente) per aver commesso un errore, per aver messo a rischio me stesso. Un errore per il quale il mio inconscio non mi vuole perdonare, che mi punisce e che mi ha provocato ogni sorta di malessere fisico, dalla classica gastrite al colon irritabile e comunque mi ha costretto ad imputare a hiv qualunque malessere vivessi, anche un banale raffreddore.
Ma ora capisco, non sono i sintomi fisici che dovrebbero attivarmi lo stato d'ansia, è proprio il contrario, è questa "condanna" che sto scontando e che vivo sulla mia stessa pelle che mi fa stare male fisicamente.
Nei periodi più bui di questa nevrosi, di fronte ai risultati negativi la mia reazione era ambivalente; da una parte un sollievo da sciogliere le viscere, mentre dall'altra, subito dopo, scattava un pensiero orrendo: "per il tuo errore, tu non meriti di essere felice, non meriti di metterci una pietra sopra, tu DEVI stare male".
A questo punto, la domanda che le faccio è: perché? Perché non mi voglio perdonare? In una analoga situazione del tipo, evito per un soffio di provocare un incidente stradale; anche lì ho messo in pericolo me stesso (e non solo), eppure il tutto sfuma con, sì devo fare più attenzione, ma fondamentalmente con un sospiro di sollievo. Finita lì. Perché invece con hiv deve essere diverso? Perché non posso superare la cosa con, sì devo fare più attenzione, ma fondamentalmente con un sospiro di sollievo.? Forse è qualcosa di sessuale? Tabù? Stigma?
Non le chiedo ovviamente di procurarmi le risposte, cosa impossibile naturalmente in un forum, ma spero non sia troppo se le chiedo di indicarmi dove cercarle...
Grazie infinite.
Daniele