Normalizzare l’HIV?

Grazie all’utilizzo della terapia combinata di più farmaci l’infezione da hiv si è trasformata da malattia con esito sicuramente mortale in malattia curabile ma non guaribile.

E questo è un fatto certo, che ognuno di noi ‘persone con hiv’ possiamo confermare altrimenti non saremo qui.

Per questo motivo compare sempre più spesso, nei report medici, nei congressi ecc. la frase ‘normalizzare l’hiv’ e cioè la necessità  di considerarlo come una normale malattia cronica per la quale è necessario seguire una terapia costante, concordata con lo specialista e monitorata da esami clinici di routine.

Come il diabete, come l’ipertensione.

Questa ‘normalizzazione’ è importante anche ai fini della salute generale di tutta la popolazione perchè le persone, consce di potersi curare, accetteranno pi๠volentieri di sottoporsi al test, riducendo così l’alta percentuale di infezioni sommerse(inconsapevoli) che purtroppo portano a nuove infezioni e nello stesso tempo riducendo le diagnosi tardive.

E’ importante anche per noi persone con hiv, perchè ribadisce che abbiamo una malattia cronica come tante altre, non una colpa, non un segno di devianza o promiscuità , niente da dover nascondere soprattutto in campo medico visto che ‘tutti i pazienti vengono considerati potenzialmente a rischio infettivo seguendo una prassi ormai consolidata da anni e rispettata da tutti i professionisti’.

Normalizzazione”¦ sulla carta.

Bella quest’ultima frase, scritta e firmata da un dirigente dell’azienda sanitaria locale… peccato però che sia vera solo se la persona in questione non dichiara la sua patologia.

Già  l’hiv è una malattia normale come il diabete o l’ipertensione solo quando fa comodo: per incentivare il test, per promuovere la visibilità , per ridurre il sommerso e le diagnosi tardive. Ma quando hai davanti una persona che ci vive davvero con l’hiv le cose non sembrano pi๠cosଠnormali.

Lo so, queste parole faranno male ai tanti medici, infermieri ed operatori sanitari che invece seguono e condividono alla lettera quella frase sottolineata, ma loro stessi sanno che alcuni loro colleghi si comportano diversamente.

Ne hanno le prove dalla voce dei loro pazienti, che però si confidano solo con loro ma non denunciano, tacciono perchè si sentono comunque in colpa.
Colpa di avere l’hiv.

Ne hanno le prove perchè spesso loro stessi sono discriminati per il reparto dove lavorano.
Perchè è un reparto che cura i malati di hiv.

E queste parole faranno male agli attivisti perchè sarà  la conferma di quanto già  sanno e sono stufi di sapere, stufi di sentire;
la conferma che nonostante pi๠di 20 anni di lotta la radice della discriminazione è ancora proprio dove non dovrebbe pi๠essere: nelle persone che lavorano in ambito sanitario e che sanno bene come funziona il virus e come avviene il contagio.

Perchè?!?!

Stigma

E’ una domanda che mi frulla in testa da giorni, dall’ultima gastroscopia che ho fatto…subito, forse è il termine più giusto e la sola risposta che trovo è stigma.

Forse c’è un piacere perverso nel trattare male chi, per tuo personale pre-giudizio lo merita. Ancor più se la persona dimostra di non vergognarsene e di aver compreso davvero cosa significa quella ‘normalizzazione’.

Allora ti permetti anche di colpevolizzarla mentre è già  stesa sul lettino in attesa dell’esame, di innervosirla quando sai che non avrà  tempo di replicare, perchè non è così spregiudicata da alzarsi e mandarti a quel paese davanti a tutti.

Stigma.

Sembra una prassi accettata faticare per trovare un ginecologo o un dentista che non ripeta la frase di rito ‘non sono attrezzato per ‘

Che strano ..eppure quella bella frase di prima l’ ha scritta un direttore sanitario, un loro superiore.

Stigma.

Deve essere divertente rifiutare di fare un esame su ferita sanguinante o togliere punti ad un paziente sieropositivo pretendendo che siano altri a farlo.

Stigma.

O minacciarlo di denuncia perchè non ha dichiarato prima la sua malattie, terrorizzandolo come fosse un assassino, pur sapendo che, per legge, non è tenuto a dirlo!

Ancora stigma.

E potrei continuare a lungo perchè ogni 4- 5 casi che vengono riportati a voce ce ne sono decine che restano in silenzio consumati in un solitario pianto che non fa altro che minare l’autostima, la voglia di vivere, la dignità  della persona.

Di quei 4 – 5 casi poi solo il mio ha una testimonianza scritta e già  spedita, una risposta inadeguata ricevuta, e un progress che si vedrà ….

Conclusioni

Siamo come Don Chisciotte mi ha detto un’amica attivista, lottiamo contro i mulini a vento.

Sbagliato: questi non sono mulini a vento che sembrano mostri.

Sono mostri veri camuffati da personale sanitario.

Persone ambigue, magari anche ultra competenti nel loro campo, ma schiave di pregiudizi e preconcetti che vanno smascherate perchè sono loro ad essere in torto, loro dovrebbero sentirsi in colpa per non essere all’altezza del lavoro che hanno scelto di fare.

Finchè continueremo a tacere, finchè sapranno che possono colpirci e restare impuniti grazie al nostro silenzio lo faranno.

Non cerchiamo scuse patetiche che sanno di pietismo o risarcimenti.

Vogliamo che venga sempre assicurata la cura e il rispetto alla dignità  del paziente chiunque esso sia.

Sappiamo che non è facile sradicare uno stigma cosଠprofondo, ma sarà  impossibile col silenzio.

Se vi discriminano fatevi sentire!

Silvia Bandini
Vicepresidente NPS Emilia-Romagna Onlus