Carcere spesso luogo di cura per stranieri irregolari


Roma, 7 nov  – Immigrato non è sinonimo di portatore di malattie nà© tanto meno di malattie sessualmente trasmesse, come l’Aids.
Nell’ambito dello studio Prishma dell’Istituto superiore della sanità  non ancora concluso, nei 3 centri coinvolti di Brescia, Roma e Palermo, dal gennaio del 2007 al marzo del 2008 sono stati sottoposti a controlli 1832 migranti prevalentemente clandestini, di entrambi i sessi. Soltanto 12 sono risultati Hiv positivi, di cui 7 diagnosticati a Brescia, uno presso l’Unità  operativa complessa di malattie infettive dell’ospedale Casa del sole di Palermo, 4 presso il servizio di medicina delle migrazioni del policlinico di Palermo e tra questi solo un soggetto ha sicuramente acquisito l’infezione nel suo paese di origine.

Lo comunica in una nota Anlaids onlus (associazione nazionale per la lotta contro l’aids). La prevalenza dell’infezione presso la popolazione di studio è risultata pari allo 0,7 per cento. Le informazioni circa le abitudini sessuali hanno messo in evidenza un’alta percentuale di soggetti con pratiche sessuali a rischio per Hiv ed uno scarso utilizzo dei mezzi meccanici di prevenzione della malattia, come il condom.


“I casi di sieropositività  rilevati durante questo studio presso l’ambulatorio del Policlinico palermitano ““ ha detto Giuseppina Cassarà  esperta di medicina delle migrazioni”“ riguardano giovani donne provenienti dall’Africa sub sahariana e soprattutto dalla Nigeria, presenti in Italia da uno o due anni e dedite alla prostituzione”.
“Non esiste, dunque, un fattore di rischio per Hiv legato alla popolazione immigrata in quanto tale – ha aggiunto Cassarà  – ma soltanto se associato ad altri comportamenti a rischio. Promiscuità  sessuale, prostituzione, mancato utilizzo del preservativo, tossicodipendenza e scambio di siringhe costituiscono, per italiani e immigrati indifferentemente, il vero pericolo di contrarre la malattia. àˆ stata rilevata una differenza di genere, secondo cui la trasmissione dell’infezione da Hiv da uomo a donna è da 3 a 18 volte più frequente di quella da donna a uomo. La tappa forzata in Libia per imbarcarsi rappresenta la minaccia peggiore per la salute delle migranti, a causa di violenze, stupri, prostituzione coatta, arresti indiscriminati, deportazioni”.


Nell’ambito dei lavori, spiega Anlaids, è stato evidenziato il cosiddetto “paradigma dello svantaggio”, secondo il quale il carcere si configura spesso per le straniere irregolari come il primo ambiente di contatto con il mondo dei servizi, dove il diritto alla salute incontra il livello minimo di risposta istituzionale, sottolineando le enormi lacune che il nostro sistema offre in materia di prevenzione e di offerta efficace di assistenza e cura per le donne che si trovano in stati di profonda emarginazione sociale.
Discorso analogo per gli immigrati tossicodipendenti. àˆ stato calcolato che il 54 per cento degli stranieri che usano droga (in Italia, come nel resto d’Europa, oltre il 40 per cento dei detenuti per cause legate alle sostanze stupefacenti è costituito da stranieri) vedono una struttura sanitaria pubblica per la prima volta dopo essere stati arrestati. Il carcere acquista quindi l’occasione di divenire “struttura assistenziale”. Irregolare, nell’immaginario comune, è lo straniero che giunge con un barcone dall’Africa. In realtà  su 124.384 immigrati in posizione irregolare individuati nel 2006, solo il 13 per cento è giunto attraverso gli sbarchi. I 2/3 degli irregolari è rappresentato da stranieri giunti regolarmente, ma che non hanno potuto rinnovare il permesso di soggiorno a causa delle difficoltose e incerte pratiche del rinnovo, subordinate di fatto alla stabilità  contrattuale, delle quote di ingresso predeterminate e basse rispetto alle esigenze del mercato del lavoro, della diffusione del lavoro nero.


I lavori del XXII congresso nazionale, riferisce Anlaids, si sono conclusi oggi con la discussione di un documento programmatico che ha raccolto attorno a un tavolo, evento raro, dieci tra le maggiori organizzazioni di lotta all’Aids in Italia, tra cui Anlaids, Lila, Mingha Africa, Comitato per i diritti civili delle prostitute e altre ancora, unite per lanciare un avvertimento: la battaglia non è vinta, anzi. Molto resta ancora da fare per fermare il diffondersi dell’infezione e per garantire una migliore qualità  della vita delle persone con Hiv.
àˆ con questo spirito che esperti, volontari e operatori hanno deciso di sottoscrivere un documento in cui si elencano obiettivi e impegni urgenti per la lotta all’Aids. Dal diritto alle cure per italiani e stranieri all’accesso al test, dalla corretta informazione alla disponibilità  di centri per la procreazione assistita dove il desiderio di genitorialità  delle persone sieropositive possa trovare risposta: in 15 punti suddivisi tra rivendicazioni, auspici e impegni diretti, le dieci organizzazioni intendono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica che troppo spesso pensa che l’Aids non sia più un’emergenza da combattere con atteggiamento vigile.
 


Fonte:Velino