Il delegato sociale a tutela del lavoratore con HIV

Ravenna-13 gennaio-2005

Premessa:
Nell’ambito del corso di formazione per delegati sociali tenutosi a Ravenna nella sede della UIL, si è presa in esame la condizione di disagio del lavoratore con HIV nell’ambiente lavorativo(rapporto con colleghi e datori di lavoro)

Chi sono i delegati sociali:
I delegati sociali sono lavoratori appartenenti a vari settori produttivi(privato, pubblico, servizi e industria) che hanno la funzione, partendo da situazioni reali e quotidiane, di saper riconoscere le questioni legate al disagio sul luogo di lavoro, di saper gestire le relazioni interpersonali, “saper ascoltare” e “saper intervenire” su due livelli di disagio:
1)problemi personali
2) problemi legati a patologie
Il tutto per favorire una riduzione del disagio, conoscendo e potendo contare su tutte le risorse disponibili nel luogo di lavoro e nel territorio( Servizi Sociali, SIMAP, SERT, Alcolisti Anonimi, Telefono Rosa, Reparti di Malattie infettive, Associazioni di persone con HIV, ecc) e creare le condizioni affinchà© l’ambiente non contrasti con l’intervento.

Conoscenze e informazioni sulla patologia: cos’è l’HIV, come si trasmette, come non si trasmette.
I partecipanti hanno dimostrato una buona conoscenza delle modalità  di contagio, nonostante abbiano testimoniato la completa mancanza di materiale informativo su HIV nel proprio luogo di lavoro(unica eccezione il dipendente del 118).
Altro singolo caso di informazione nell’ambito lavorativo, non però diretta al lavoratore, ma all’utenza(Ferrovie dello Stato), la presenza nei vagoni, solo nel periodo estivo, di volantini che incoraggiavano l’uso del profilattico.

Conoscenza diretta:
Un terzo del lavoratori ha conosciuto persone con HIV( amici, colleghi o parenti non di primo grado)

Paura del contagio:
Vista la buona conoscenza sulle modalità  di contagio e la convinzione della natura infettiva ma di tipo comportamentale dell’HIV, la paura non arriva a livelli di allarme esagerato e generalizzato, anche se il lavoratore più anziano, appartenente ai servizi sociali, ha ammesso una forte diffidenza in passato, dovuta in parte al clima terroristico sostenuto dai media negli anni 85-95 e al timore che qualcosa sulle pericolosità  gli fosse tenuta nascosta, nonostante dovesse occuparsi dei figli non HIV+, di genitori comunque morti per AIDS.
Ha ammesso di aver usato sempre e comunque i guanti nei contatti con questi bambini durante la loro infanzia.

Empatia.
Sono un lavoratore che si scopre HIV+. Come mi comporto?Lo dico ai colleghi?

La maggioranza ha risposto con un NO secco.
Tra questi, il più giovane, dipendente presso una fabbrica, considererebbe la notizia un tale incubo da doversi prima preoccupare della propria reazione, del cambiamento che ciò porterebbe alla vita stessa e solo in un secondo tempo, si porrebbe il problema di come comportarsi sul lavoro.
Sempre tra i NO si sono distinti coloro che si auto discriminerebbero prima che possano farlo gli altri (licenziamento?) e coloro che invece valuterebbero a quali persone dirlo e a quali no .
Uno solo, che vive a contatto con la morte giornalmente(necroforo), ha ammesso che non avrebbe problemi nel confessarlo, sicuro che colleghi e direttore responsabile non lo discriminerebbero per questo motivo.

Conclusioni.
La conclusione di questo incontro sulla tematica HIV e lavoro si possono considerare positive, vista la evidente predisposizione dei delegati sociali a non avere preconcetti verso tale patologia e la disponibilità  ad ascoltare il Medico igienista (Cosetta Ricci, Responsabile della Commissione Aids di Ravenna e le testimonianze degli attivisti con HIV (Silvia Bandini e Luca Negri), entrambi appartenenti al PoloinformativoHIV di Budrio (uno dipendente dell’Azienda AUSL), ed associati al NPSitalia onlus (Network Italiano di Persone con HIV).
E’ emersa la necessità  della creazione di un canale protetto di ascolto all’interno delle aziende, nei confronti del disagio, qualunque esso sia, favorendo il dialogo e la confidenza con il delegato sociale che dovrà  essere in grado di indirizzare il lavoratore, in assoluto anonimato, presso i servizi di supporto presenti nel territorio.
Dovrà  inoltre essere in grado di rassicurare il lavoratore con HIV, sui quesiti più frequenti in materia, ad esempio se può essere licenziato per il suo stato di salute .
I delegati hanno acquisito copia della legislazione su lavoro ed HIV, alcuni esempi di casi reali
( risposte di esperti legali in materia ed alcune sentenze della Corte di Cassazione).
Molto utile e probabilmente indispensabile, l’accenno della Dott.ssa Ricci riguardo alcune tecniche di comunicazione con persone afflitte da forte disagio.
Formulare sempre domande aperte(es. “Come stai?” e non “Stai male?” che implicherebbe già  un giudizio negativo); l’importanza di dare sempre un “riconoscimento” all’altro, ad esempio ripetendo le sue stesse parole, per permettergli di continuare a parlare in tranquillità .
Il delegato sociale dovrà , in ultimo, monitorare tutto l’ambiente, dalla persona in difficoltà , alle reazioni degli altri lavoratori ed alle interazioni tra colleghi.