Infezione occulta da HBV

    L’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF), la società  scientifica che riunisce gli epatologi italiani, ritiene utile intervenire nel dibattito che si è aperto in seguito ai casi di epatite B verificatisi in alcuni pazienti sottoposti ad autotrapianto di midollo

    Il virus dell’epatite B (HBV) è un microrganismo che si trasmette in modo molto efficace attraverso il sangue ed altri fluidi corporei: sino a pochi decenni or sono, la trasmissione in ambito ospedaliero rappresentava infatti una delle vie di diffusione del virus dell’epatite B nel nostro paese.

Oggi, il rischio di contrarre l’epatite B a seguito di terapie mediche invasive è estremamente basso; a questo successo hanno contribuito numerosi fattori, tra cui il progressivo miglioramento degli standard igienico sanitari (affinamento delle tecniche di sterilizzazione degli strumenti medici e chirurgici, introduzione di materiali usa e getta), la possibilità  di eliminare le donazioni di sangue e i trapianti infetti attraverso metodologie sempre più accurate, e l’introduzione – nel 1991 – della vaccinazione obbligatoria anti-HBV.

Tuttavia, il virus è ancora relativamente frequente nella popolazione generale (è calcolabile che circa 1 italiano su 100 sia portatore cronico dell’infezione), e pertanto casi sporadici o epidemie circoscritte tra pazienti ospedalizzati possono tuttora verificarsi.
E’ importante sottolineare che questi casi residui – che non sono necessariamente imputabili a malpratica sanitaria – riguardano più spesso individui non coperti dalla vaccinazione e che presentano una compromissione del sistema immunitario, in particolare quelli sottoposti a chemioterapia e a trapianti d’organo o di cellule staminali. Questi pazienti, oltre a essere più suscettibili al contagio esterno, presentano anche un elevato rischio di riattivazione di una infezione preesistente.
Tale meccanismo di riattivazione virale è stato chiarito solo recentemente, e a ciò hanno contribuito in misura notevole proprio ricercatori italiani.
Sino a pochi anni or sono, si riteneva infatti che l’infezione da HBV potesse essere diagnosticata solo quando nel sangue del soggetto è rilevabile una proteina virale chiamata della “antigene di superficie” e universalmente indicata come “HBsAg”.


“Tuttavia ““ come spiega il Prof. Antonio Gasbarrini, segretario AISF- importanti e numerosi dati scientifici hanno dimostrato che oltre all’infezione conclamata (“HBsAg-positiva”) esiste anche un rischio potenziale di infezione da HBV definita “occulta” (propria di soggetti “HBsAg-negativi”), caratterizzata dalla persistenza nel fegato di piccole quantità  di virus tenuti in stato di “inattività ” grazie al controllo del sistema immunitario. Quest’ultimo tipo d’infezione è stata svelata con l’ausilio di tecniche di biologia molecolare altamente sensibili e, com’è intuibile, non è facile da diagnosticare”.

Benchà© molti aspetti dell’infezione occulta da HBV siano ancora oggetto di studio, alcuni dati sono ormai consolidati, come il rischio di eventi clinici secondari alla sua riattivazione che possono manifestarsi, in particolare, in pazienti con compromissione del sistema immunitario, come ampiamente riportato nella letteratura internazionale.
“In questo contesto ““ continua Gasbarrini – si vuole sottolineare che l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (nel cui ambito operano i numerosi esperti italiani di epatite B) sta affrontando nella sua interezza il complesso problema dell’infezione da HBV nei soggetti con compromissione del sistema immunitario, inclusi gli individui che ricevono terapie immunosoppressive perchà© sottoposti a trapiantato d’organo o di cellule staminali”.



L’AISF ha prodotto recentemente un documento sulla “Profilassi e terapia dell’epatite B nei pazienti immunocompromessi” accessibile attraverso il sito web dell’associazione (www.webaisf.org), stilato in collaborazione con esperti di altri settori scientifici interessati a questa importante problematica. Infine, anche se è teoricamente possibile che pazienti ospedalizzati contraggano l’epatite B attraverso la trasfusione di sangue, è utile ricordare che tale rischio è oggi molto basso, grazie alle sofisticate indagini a cui vengono sottoposte le unità  di sangue e alle accurate procedure di selezione dei donatori di sangue. I dati più recenti indicano infatti che sono stimabili pochi casi residui di infezione sui circa due milione di unità  di sangue trasfuse ogni anno nel nostro paese.