La fattoria degli animali

Io sono un malato, è chiaro, che sia molto sensibile a tutte le notizie che riguardano malattie contagiose. Dalla tranvata dell’aids, che mi ha colpito duramente e direttamente, nel corso dei lustri, vari virus sono saltati alla ribalta, e a parte il mio, solo Ebola mi destò paura.

Non sono uno che si caga addosso facilmente. Però questa influenza suina mi spaventa molto.
Manipolare la natura e gli animali partorisce mostruosità.
Abbiamo un’infinità di certezze su questo, è sotto gli occhi di tutti.
Modifichiamo geneticamente piante e animali, stravolgiamo gli allevamenti, imponiamo ritmi intensivi, contaminiamo i mangimi con schifezze di tutti i tipi, medicinali, doping, per aumentarne le produzioni. Non gliene fotte niente a nessuno, della nostra salute.
La mucca pazza, la dobbiamo al cannibalismo, visto che deriva dal tritaggio di pecore infette mischiate ai mangimi per i bovini. La mucca è erbivora, per chi non lo avesse intuito.
Poi la sars, i polli influenzati, …adesso è l’ora del suino.
L’animale metabolicamente più simile all’uomo.
La rivolta Orwelliana del porco.
Inevitabilmente, in questi giorni ho cercato d’informarmi per saperne di più, e da uomo della strada qualche conclusione l’ho già imbastita.
Il ceppo virale è comunque l’ H1 N1, lo stesso dell’influenza spagnola, che tra il 1918 e il 1919 sterminò  50 milioni di persone in tutto il mondo, isole incluse.
Si chiama spagnola, semplicemente perché furono i giornali spagnoli a parlarne per primi, in quanto paese non belligerante e quindi non soggiogato dalla censura militare.
Ma in realtà, la portarono da oltreoceano i soldati americani, sbarcati in Francia per combattere i crucchi, la guerra di trincee fece il resto. Virus nuovo una sega.
Non è la prima volta che questo virus fa il grande salto dal maiale all’uomo.
C’è anche un precedente significativo. Nel 1976, il presidente americano Ford,  creò addirittura una campagna di vaccinazione collettiva (del tutto inutile e in molti casi micidiale), io avevo 15 anni e mi occupavo di ciurlare nel manico, come tutti i coetanei, ma qualche ragione deve averla avuta, anche se non è durato molto.
Ieri sera ho guardato la tv per cercare di capire qualcosa in più, è impossibile, sembrano un disco.
La sottosegretaria Martini dalla Gruber è stata irritante.
Potrebbe fare la credibile pubblicità di un collirio, ma non oltre.
S’è affannata con quel sorrisetto arrogante, a snocciolare ovvietà.
Come la sicurezza della nostra carne, lo sappiamo già, non ce lo dica più.
S’è gongolata sulle misure adottate dal governo, ma in realtà, quel farmaco di cui disponiamo a milionate di dosi, fu ordinato da Storace ai tempi che furono, e da allora sono rimaste in polvere (principio attivo) stipate in bidoni dentro qualche ripostiglio, nessuno a mai pensato d’incapsularle fino ad oggi. Quando gli anno detto che ci vogliono tecnicamente 4 settimane per farlo (e che quindi s’impone una certa celerità), lei è arrossita (però con molto fascino) e dopo un bla bla bla difensivo, ha fatto capire quasi stizzita che lei (e quindi il governo) adotta la politica dell’incrociamo le dita, eventualmente…aspettiamo l’emergenza. Il suo messia ha detto che qui non avremo problemi.
Ormai pensano che gli italiani siano un popolo d’imbecilli, consenzienti, ma imbecilli.

Capisco tenere un basso profilo, per evitare allarmismi e panici, le pandemie ultimamente sono spesso solo mediatiche, però non possiamo tenere il culo scoperto come gli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia. Cosa centrano le stagioni? In Messico non è autunno, questo virus ‘influenzale’ si trasmette con un bacio, uno starnuto, la saliva, un colpo di tosse, toccando una superficie contaminata e poi mettersi le mani in bocca…sono cazzi amari.
Non ci sono categorie o comportamenti a rischio da inventare.
Perché respirare è fondamentale, non abbiamo le branchie e non siamo anfibi.
Quindi la trasmissione è rapida come un battito di ciglia.
Mentre in Italia si dicono tante belinate salva corporazioni, o si parla d’altro, in Messico chiudono scuole e udite udite… le chiese. Chiudere le chiese in sud America, è come chiuderle da noi.
Praticamente un’utopia eretica.
Se lo hanno fatto, è perché non se ne può fare veramente a meno.
Chiese, scuole, e luoghi pubblici sono le incubatrici ideali per un virus aereo, compresi i circa 700 locali (tra bar, ristoranti e centri notturni) di Città del Messico che rimarranno chiusi per altri dieci giorni. Il 70% ha accolto l’invito. Gli abitanti della capitale, devono rinunciare a concerti, mercati, musei, cinema, programmi in pubblico per i figli. Sono stati più di 550, gli eventi cancellati nella megalopoli, con oltre 22 milioni di abitanti.
Si è abbassata drasticamente perfino la criminalità, anche ladri e assassini hanno paura e se ne stanno a casa.
Senza indugi, il presidente Obama, è stato costretto a comunicare le sue buone condizioni al ritorno dal viaggio in Messico. I casi di California e Arizona sono nelle vicinanze, ma il virus è arrivato a New York. Per fortuna non sembra così letalmente cazzuto. Pare che i farmaci che ci sono funzionino abbastanza bene, menomale, sono stati infettati in forma blanda.
Sicuramente merito anche di età e salute integra.
Ci sono centinaia di icone cinematografiche a risvegliarci i vari polpettoni catastrofici.
Il Queens è un crogiolo di razze e di lingue, nel quale convivono emigrati arabi, europei, latini e asiatici, ospita l’aeroporto con la babele più vasta del mondo, il J.F.Kennedy.
Un formicaio ideale per annidarsi e prolificare.
La Martini insisteva a dire che i morti accertati sono ‘solo’ sette (vorrei vedere, se uno fosse un suo caro). Che ne sappia io, che sono niente mischiato col nulla…, dal 13 aprile sono morte in Messico più di 80 persone. Venti di queste sono certamente attribuite al virus, i malati sotto osservazione sono ormai una marea. La domanda sorge spontanea… e gli altri morti? Si sono suicidati con la polmonite? Non credo. Come sempre, si gioca sui numeri finché si può.
Devono essere solo confermate le diagnosi, essere ‘testati’ è la prassi, comune e ortodossa.
Ero a Città del Messico pochi mesi fa. Milano a confronto è un quartiere periferico.
E’ una megalopoli, un termitaio sconfinato, brulicante d’umanità.
Schiacciata dalla demografia, dalla miseria e dalla violenza, decorata con strutture e grattacieli mastodontici, ostentante lusso nei quartieri bene, che stride con la decina di morti ammazzati quotidianamente nelle favelas.
Il primo obiettivo delle autorità sanitarie, è contenere il dilagare dell’epidemia.
Intanto sono già state arrestate persone, che vendevano mascherine a prezzo maggiorato di 25 volte, …tutto il mondo è paese.
Sono già stati stanziati rapidamente, 450 milioni di dollari per l’emergenza sanitaria in Messico.
Il governatore dello stato della California ha chiesto lo stato di calamità. Esagerato?
Può darsi, ma dopo lo scempio del governo Bush, la minaccia del terrorismo, l’uragano Katrina e tutto il resto, gli avvocati e i risarcimenti spopolano… mettono già le mani avanti.
Speriamo che questo virus, dal ceppo sinistro, di cui non ci sono ancora moltissime certezze, a parte i morti che ha già sul suo conto, non prenda campo.

Appurato che le stagionalità, i climi, le latitudini, non c’entrano una cippa, ma che basta uno starnuto, un colpo di tosse, una stretta di mano sudaticcia, un casto bacetto sulla guancia di saluto, toccare una maniglia, la minaccia mi sembra molto concreta stavolta.
…Non puoi vivere con una maschera da sub col boccaglio e infilarti dentro un preservativo che ti funga da carapace. Tutto è globalizzato, compreso i virus.
Esistono aeroporti, porti. Si raggiunge in tempi sempre più brevi, qualsiasi destinazione.
Aerei navi, commerciali e passeggeri, non è un problema varcare l’oceano e andare ovunque via terra.  I sudamericani hanno ‘colonie’ in tutto il mondo.
Sono molto sociali e nelle loro collettività, mirano sempre e comunque al ricongiungimento della famiglia. Lavoratori, supercattolici, giustamente molto legati alle origini, alla terra e alla famiglia.
Nella mia città, Genova, (solo per citare un esempio unico) c’è la più vasta comunità sudamericana d’Europa, quasi 40.000 anime.
L’aeroporto è ridicolo, ma il porto è gigantesco e il clima ambito.

Ascoltando gli ‘esperti’ televisivi di turno, si evince che era un virus tanto atteso.
Tanto atteso da chi? Dagli speculatori farmaceutici? 
L’Oms ha dichiarato che i focolai di influenza in Messico e negli Stati Uniti costituiscono un’emergenza di sanità pubblica internazionale, e chiede che tutti i Paesi intensifichino i controlli.
Per potersi pronunciare sul livello d’allerta, hanno bisogno di ulteriori informazioni.
Per ora è alla fase quattro su una scala di sei.
Le analisi condotte in Canada finora, dimostrano che sui campioni biologici prelevati dai primi pazienti messicani, il virus è composto per l’80% dalla febbre suina del Nord-America e per il 20% da una variante eurasiatica individuata per la prima volta in Thailandia. 
(Ditemi voi come avrebbero mai fatto ad incontrarsi, se non fosse subentrata la cupidigia dell’uomo).
Per gli americani ancora peggio.
L’analisi genetica condotta, sui campioni prelevati dal primo dei due pazienti californiani, mostrano che il virus contiene segmenti di informazione genetica che provengono da altri quattro virus: quello dell’influenza suina del Nord-America, dell’influenza aviaria del Nord America, dell’influenza umana e dell’influenza suina Eurasiatica.  (Sempre più difficile, e contro natura…).
Le autorità sanitarie americane hanno dichiarano pubblicamente, per bocca del dirigente ad interim:
“E’ chiaro che è diffusa e che non possiamo contenere la diffusione del virus” .

Va detto, che nella maggior parte dei casi, sono stati colpiti giovani adulti in buone condizioni di salute: un’altra anomalia rispetto alla tradizionale diffusione dei virus influenzali, che tendono a colpire innanzitutto bambini e anziani.
Ho tratto tante considerazioni da tutto questo, una sale con più prepotenza:
Se un virus influenzale circolante in una specie animale, che sia un porco, un uccello, un gatto o un topo, acquisisce la capacità (fornite da noi umani) di passare e di trasmettersi da uomo a uomo (quello che sta accadendo), è il caso che si cominci a definirlo col suo vero nome: un virus influenzale umano.

Purtroppo è realistico, pensare che probabilmente, arrivi presto anche tra noi.
Non ci sono complotti da evocare o stronzate da rotocalco da perseverare.
Sono quasi 100 anni che L’H1 N1 è comparso tra noi, i morti sono stati copiosi, eppure vaccini ancora nisba, abbiamo la pillola per farcelo venite duro, o abbassare il colesterolo, lo yogurt per farci fare tanta cacca, ma un vaccino basilare: no.
Questa ennesima merda, la dobbiamo agli imbrogli, alle degenerazioni, al doping.
Siamo sicuramente globalizzati, ma è altrettanto vero, che ognuno si fa i cazzi suoi.
Pare che le porcilaie di Vera Cruz, non fossero troppo dissimili da quelle della tanto progredita America, anzi, eppure i morti li avevano già avuti.
Le nefandezze che sono state perpetrate all’interno delle porcilaie messicane e statunitensi, nel tempo, hanno subito i riassortimenti necessari che contengono le sequenze genomiche del suino degli uccelli e alcune nostre. Meccanismi essenziali per acquisire la capacità di trasmettersi tra individui umani. Non ci sono mai stati controlli, ha avuto un sacco di decenni per mutare.
Il rischio di pandemia non è una cazzata campata in aria.
Lo scopriremo solo vivendo, per ora non sembra così mortale, adesso che c’è l’emergenza scatta il business, quindi il vaccino spunterà tra breve. Resta la rabbia e l’impotenza, che sommiamo al timore, per l’ennesima minaccia che ci piove sulla testa, …per i soliti motivi.
Si susseguiranno le trasmissioni in tv basate sull’ovvio e non ci diranno mai cosa c’è dietro storicamente, l’importante è che continuiate a produrre, a consumare … e a crepare.

Caino