Differenza tra Hiv 1 e Hiv 2: facciamo chiarezza

A seguito delle richieste da parte di utenti/pazienti per chiarimenti sul tema sulle differenza tra Hiv 1 e Hiv 2 pubblichiamo nota scientifica per la quale ringraziamo il Dott. Giorgio Bozzi, UOC Malattie Infettive Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

HIV-2 è un virus della famiglia Retroviridae, genere Lentivirus; rappresenta uno dei due sierotipi di HIV assieme al ben più diffuso HIV-1, il quale è responsabile della pandemia di HIV a livello mondiale. HIV-2, invece, ha una diffusione geografica più limitata.

Il virus è stato identificato per la prima volta nel 1986 e, come per HIV-1, l’origine della sua diffusione è stata identificata in una zoonosi, ovvero un’infezione che riguarda specie animali (anche nel caso di HIV-2 l’animale identificato come responsabile della trasmissione originaria all’uomo è un primate, Cercocebus atys atys).

HIV-2 è endemico (ovvero stabilmente presente sul territorio) in paesi dell’Africa occidentale come Guinea-Bissau (dove negli anni ‘80 il virus era presente in circa il 10% degli adulti), Capo Verde, Costa D’Avorio, Senegal, Sierra Leone e Gambia; in questi paesi, rappresenta una rilevante problematica di salute pubblica. Tuttavia, casi di infezione da HIV-2 sono stati descritti in oltre venticinque paesi in diversi continenti, compreso il nostro. L’attuale prevalenza del virus nei territori di endemia e nel mondo non è del tutto nota, e sembra essere in declino in alcune aree. Si stima comunque che, globalmente, HIV-2 abbia infettato oltre un milione di persone. In aree dove entrambi circolano, HIV-1 e -2 possono coinfettare il medesimo individuo.

HIV-2 condivide con HIV-1 anche le modalità di trasmissione: per la via sessuale, attraverso esposizione a sangue infetto (es. trasfusioni di sangue o scambio di aghi) e perinatale (da madre a figlio attraverso parto e allattamento).

Plurimi studi hanno suggerito che HIV-2 sia in generale meno patogeno di HIV-1: in confronto a quest’ultimo, HIV-2 sembra avere uno stadio asintomatico dell’infezione più lungo, un deterioramento dei linfociti T CD4 più lento e livelli più bassi di viremia (e di conseguenza una trasmissione verosimilmente meno efficiente).

Tuttavia, le manifestazioni dello stadio avanzato dell’infezione da HIV-2 sono simili a quelle riportate per HIV-1, ed una volta che viene raggiunta un’immunocompromissione avanzata (ad es. una conta dei linfociti CD4 inferiori alle 200 cellule/microlitro) i pazienti con infezione da HIV-2 sono a rischio di infezioni opportunistiche AIDS-definenti, come ad esempio la polmonite da Pneumocystis.

Dal punto di vista diagnostico, i comuni test di screening per HIV disponibili nelle strutture sanitarie italiane sono in grado di reagire (quindi di diventare positivi se è presente l’infezione) anche ad HIV-2, ma non distinguono fra HIV-1 e -2. L’infezione da HIV-2, enormemente meno frequente, può essere suggerita da un quadro indeterminato per HIV-1 al test di conferma. In centri specializzati italiani sono disponibili test di conferma specifici per HIV-2 (western- o immuno-blot) e alcuni test specifici per la misura di HIV-2 RNA. Tuttavia l’armamentario diagnostico disponibile per HIV-2 non è così completo e standardizzato e può risultare difficile porre la diagnosi.

Il clinico dovrebbe considerare la possibilità di infezione da HIV-2 nei seguenti casi:

– individui provenienti da aree di endemia in condizioni compatibili con AIDS, negativi per HIV-1 (ed i loro contatti a rischio)

– individui naive per la terapia antiretrovirale (ovvero non trattati coi farmaci) e positivi al test HIV con carica virale molto bassa o non rilevabile.

Se viene posta la diagnosi di infezione da HIV-2, il paziente viene preso in carico alla stessa maniera degli infetti con HIV-1. In particolare, il follow-up ambulatoriale richiede periodiche determinazioni della conta dei linfociti CD4 i quali rappresentano il bersaglio del virus e dunque il principale marker di funzionalità immunologica anche per i pazienti con HIV-2.

Non sono disponibili in letteratura trial clinici che abbiano indicato il limite ottimale di conta dei CD4 per intraprendere la terapia antiretrovirale, che – come per HIV-1 – ha lo scopo di arrestare la progressione dell’infezione verso l’immunodeficienza e lo sviluppo di malattie opportunistiche (nonché di controllare la trasmissione del virus ad altri soggetti); la terapia va naturalmente iniziata con sollecitudine alla presenza di segni di progressione clinica.

HIV-2 è intrinsecamente resistente ad intere classi di farmaci antiretrovirali utilizzabili per HIV-1, come inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI) e inibitori della fusione; questi medicinali non vanno quindi utilizzati per il trattamento. Farmaci di altre classi disponibili per la gestione di HIV-1 (inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa, NRTI, inibitori della proteasi, PI, inibitori dell’integrasi, INSTI) hanno attività anche contro HIV-2. Anche per HIV-2 la terapia si avvale della combinazione di tre farmaci dotati di attività contro il virus.

 

Bibliografia

 

Gottlieb GS, . 90-90-90 for HIV-2? Ending the HIV-2 epidemic by enhancing care and clinical management of patients infected with HIV-2. Lancet HIV. 2018 Jul;5(7):e390-e399.

 

D’Ettorre G et al. An HIV Type 2 Case Series in Italy: A Phylogenetic Analysis. AIDS Res Hum Retroviruses. 2013;29: 1254-9.

 

DHHS Guidelines for the Use of Antiretroviral Agents in Adults and Adolescents Living with HIV, 2018 update. Disponibili al link https://aidsinfo.nih.gov/contentfiles/lvguidelines/adultandadolescentgl.pdf

 

Linee Guida Italiane sull’utilizzo della Terapia Antiretrovirale e la gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1, edizione 2017. Disponibili al link http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2696_allegato.pdf