Debellare il sarcoma di Kaposi

Uno studio tutto italiano, pubblicato di recente su una delle più prestigiose riviste mediche internazionali (New England Journal of Medicine), dimostra che è possibile debellare un grave e insidioso tumore maligno, il sarcoma di Kaposi, il quale colpisce l’epidermide con la comparsa di eruzioni bluastre o rossastre.
Questo tumore è oggi molto conosciuto perché si osserva nei pazienti affetti da Aids che sono immunodepressi.

Il sarcoma di Kaposi è correlato con il trattamento farmacologico immunosoppressivo, che si effettua dopo un trapianto di organo. La malattia è, infatti, 500 volte maggiore nei pazienti trapiantati rispetto alla popolazione generale .

La novità è che, per centrare l’obiettivo, il gruppo di esperti della Divisione di Nefrologia Dialisi e Trapianto dell’Università di Bari, coordinati dal professor Francesco Paolo Schena, ha somministrato un farmaco usato per prevenire il rigetto dell’organo trapiantato .

Nello studio, ai pazienti che avevano sviluppato un sarcoma di Kaposi in seguito alla terapia immuno sopressiva, è stato somministrato il "sirolimus "una terapia immunosoppressiva alternativa alla ciclosporina – ha spiegato il professor Schena – che è in grado di proteggere i reni trapiantati dal rigetto e di inibire la progressione di questo tipo sarcoma cutaneo". Entro 3 mesi dal cambio di terapia, tutti i pazienti sono risultati completamente esenti da sarcoma sia a livello clinico che istologico.

"Il sarcoma – ha aggiunto il professor Schena commentando i risultati dello studio – costituisce da tempo una notevole fonte di preoccupazione dopo il trapianto d’organo. Ora, con questo studio condotto presso della Divisione di Nefrologia Dialisi e Trapianto dell’Università di Bari, sono concrete le speranze di prevenirne l’insorgenza." Infatti, già entro un mese dall’inizio della nuova terapia, le lesioni cutanee hanno cominciato a regredire nel 75% dei pazienti e sono scomparse in tutti, dopo 3 mesi.

Dato ancora più importante – ha ricordato Francesco Paolo Schena – è che non si sono verificati episodi di rigetto acuto e, a 6 mesi di distanza dallo studio, nessuno dei pazienti trattati ha sviluppato recidive del sarcoma di Kaposi".

”Questa doppia azione del farmaco, immunosoppressiva e preventiva – hanno concluso gli autori dello studio italiano, che è stato ripreso anche dal New York Times – potrà rivelarsi preziosa in tutti i casi in cui i pazienti trapiantati siano ad alto rischio di tumore, primario o recidivante