La pozza delle salamandre

La pozza delle salamandre.
di Pino Zumbo

Prima che la serenità del sonno lo avvinghiasse, rifletteva a passo lento sulla potenza di certe cose.
Ci sono momenti in cui si riesce a cristallizzare il tempo.
Si riesce a staccare un tassello di realtà e fonderlo con il resto di ciò che conta.
E’ come una finestra ancestrale sul nostro io, come uno stato di grazia.
Un tonico per il cuore e la pace dell’anima.

Una linfa vitale da condividere, per essere raccolta ed assaporata nel pieno del suo momento topico.
L’amore della e per la tua compagna, è l’innesco che trasforma l’ovvio in speciale.
Quando il brivido caldo ti coglie stupito e impreparato.
Quando il calore di un bacio o un abbraccio fissa il momento in un’immagine, che si scolpisce nell’amina con Michelangiolesca fattura, per sempre.

Incorniciata nel capriccio delle tue percezioni, attente ai valori per le cose (apparentemente) semplici, quelle che contano, quelle che restano.
Come camminare per ore sul greto di un grande fiume momentaneamente in secca…
Lasciando umanamente le tue impronte scalze e quello della tua metà che ti tiene per mano, camminando docilmente sull’immacolato letto asciutto e silente.
Un unico momento storico, un carpe diem tra un lasso temporale ed un altro. 
Noi siamo insieme…

Se chiudi gli occhi, potresti quasi ascoltare l’impeto delle acque impazzite che si riproporrà alle prime piogge attese.
Immersi in un paesaggio silenziosamente lunare… lontano dai miasmi, dagli orari, dalle regole, dalle malattie, dai divieti, …dai controlli. Lontano da tutti e tutto. Solo silenzio.

Cielo sulla testa, limo sotto i piedi, pareti rocciose ed alberi tutt’intorno.
Le nitide impronte di animali selvatici si mischiano alle nostre scalze, nel tepore di settembre…
Il cane che corre impazzito di gioia e di spazi, lei al fianco, l’eco delle risate…
Alimentiamo momenti irripetibili, da condividere… insieme.

L’osservo rapito, avvolta dalle farfalle multicolore, dalle mille fogge, per nulla impaurite.
Ride… danza… è felice.
Sento le emozioni scuotermi come un tuono, trafiggermi come una saetta…

Un piccolo ruscello scosceso, nascosto tra la vegetazione vergine continua anarchicamente a far scorrere rivoli d’acqua, scivolano nelle pozze e spariscono nelle cavità più a valle.
Imperterrito alla siccità spietata che assillante, martella senza pietà tutto il circondario da mesi.
Risalendo il torrente ridotto a rivolo, ci ritroviamo seduti come due bimbi  e berne l’acqua.
M’illumino del suo stupore, guardandola fissare la pozza delle salamandre.
Belle. Rare. Affascinanti. Libere.

Sembra che ogni animale la riconosca, come un’anima rara.
In ogni dove, qualunque classe appartenga, diventa accondiscendente e sicuro.
Lo stupore quasi infantile per la persona amata, è quanto di più bello possa succedere.
E’ un miracolo che si rinnova, le piante nelle sue mani prendono vita.
E’ stupendo contemplarla avvolti nella natura inaccessibile.

Con lei ho camminato tra le nuvole basse, abbiamo goduto mari e tramonti mozzafiato in posti stupendi, abbiamo anche pianto e riso.
E lo faremo ancora, … attraverseremo insieme quel che resta del giorno.
Nel mio cuore, questo resterà sempre un posto magico…
La pozza delle salamandre. 

Livio è beatamente abbioccato… dorme… non sembra vero… finalmente.
Il sole batte sul lago, sull’esule assorto nei suoi pensieri, tranquillamente disteso sull’erba della riva.
Viruz sta seduto come un vecchio a tirare nervosamente sassi sull’acqua… che non rimbalzano mai.
Virul è sdraiata vicino a Livio. Sorride:

Si sentiva come una mummia uscita da uno scavo…
Guardalo ora… dorme, sereno immerso nel suo scrigno segreto, mentre il cinguettio degli stormi  e il profumo dei fiori spalancano la primavera…

Viruz è scazzatissimo.
E tu perché non ti fai i cazzi tuoi?
Lo sono. Ci siamo già conosciuti. Te lo sei scordato?
No. Mi ricordo.
Una notte… tempo fa… in una corsia d’ospedale che puzzava di lisoformio.
Sono tornata… c’era bisogno.

Viruz fa il sarcastico.
Per respingere il respiro gelido delle tenebre? Quello della depressione?

Virul lo schernisce.
Stupido e ottuso virus…
Pensi che la depressione artigli solo i sieropositivi o affini?
Povero idiota. La depressione è una malattia che non esiste… ma flagella tutto il mondo
.

Ho fallito troppe volte con questo piccolo e coriaceo stronzo. La depressione era un buon alleato.
Nel caso di questo piccolo sacco di umanità che dorme e di quelli somiglianti a lui…
Virul s’interrompe…
Mettiamola così: Tu usi tutto quello che puoi per demolire gli infettati…quindi anche infettivi.
E questo è un dettaglio non trascurabile, devono fare i conti anche con questo.

Che intendi dire?
Che oltre la paura di morire, devono fare i conti anche col resto.
Tra loro e il resto del mondo… nella ‘sfera affettiva’ sostanzialmente…ci dovrà sempre essere un necessario muro di lattice.
Eppure amano, creano e difendono famiglie, procreano, …vanno avanti lo stesso.

Perfino tra coppie discordanti… Anche quelli soli hanno le palle di cuoio acuminato.
Come le donne che sognano o sperano un figlio, o quelle che tirano avanti lo stesso
.

Lo sguardo libera un ghigno lungimirante… beffardo…le pupille cerulee attraversano l’ignobile virus come una saetta.
…Non puoi vincere contro un’umanità così.

Viruz risponde teso… stizzito.
Staremo a vedere! …Vedremo.
Livio ha fatto un grosso errore, ma sembra, che non sprecherà più tempo per dimenticarlo.
Dorme… sogna… un nuovo inizio… un nuovo amore… una nuova vita…

Il gigante dei suoi sogni, vive in una piccola isola delle Eolie…
In una casa abbarbicata sotto il vulcano, che domina l’intimo e microscopico paesino dell’isola, sperduta tra le acque del Mediterraneo.
L’eremo è in pietra e legno intonacato di bianco, basso, l’interno è alla araba.
Un portico in legno ne percorre tutto il perimetro.
L’acqua del pozzo è sempre fresca e pura. La legna appilata a fianco della colonnina del forno per il pane, la focaccia, la pizza e i biscotti.
Il tetto è di cocci, ma è totalmente coperto dall’edera rossa che scende incastonando anche le finestre e l’uscio. La pareti di nord-ovest sono rivestite dalle piante di capperi.
La modesta e curata vigna sulla fascia dietro casa produce uva passita, dalla quale viene pigiato a piedi nudi ottimo vino zibibbo, e a mosto distillato, eccellente acquavite.
Due amache dondolano al ritmo del vento sotto l’agrumeto.
Nella serretta artigianale, oltre alla White Widow e la Mr Nice, coltiva frutta e ortaggi.
A seconda della stagione e della clemenza del tempo: lamponi, fragole e basilico, e pomodori, e fave, e asparagi… e salvia, e rosmarino, e altro ancora.
I pomodori avvizziscono sotto il sole, giacciono orgogliosi dentro cassette di legno, allineati sul vialetto di casa. Si preparano seccandosi.
In attesa di diventare speciali e accomodarsi dentro barattoli di vetro, ermeticamente sigillati, sotto nettare d’oliva.
Le acciughe riposano dentro una grande giara, appilate tra strati di sale grosso, un sasso di mare le comprime. L’affianca una giara identica, piena di olive schiacciate, giacenti tra spicchi d’aglio e finocchietto selvatico.
Sul moletto, staziona placida la sua barchetta.
Modesta, un piccolo peschereccio di legno, in disarmo. Lo ha restaurato, accrocchiato.
Trasformandolo in un decoroso cabinato confortevole e molto funzionale, ha anche un robusto albero e un ottimo boma, batte bandiera blucerchiata.
E’ notte.
La candele accese illuminano la stanza come un tempio.
Curvo sul pc, scrive assorto un romanzo sulla storia di un immortale.
Mo’ Better blues… si diffonde nella stanza a volume basso. 
Una canna giace spenta sul portacenere di vetro.
Tutto il resto è silenzio, concentrazione…
Neppure le dita che battono ritmicamente sulla tastiera disturbano la musica.
La penombra impera come un giaciglio protettivo… come una placenta.
Lei entra nella stanza, furtivamente, è scalza…
Arriva da dietro, silenziosa ed inaspettata.
Le mani si poggiano sulle sue spalle come un balsamo caldo…
E’ sorpreso… Stupito…
Sorridente e pietrificato come il fauno di una fontana, immobile.
Lo bacia sulla base della nuca… ma non lo fa’ girare.
I baci sono delicati, sospesi… il collo… l’orecchio, lievi come un sussurro, un soffio.
I brividi scorribandano suoi sensi.
Lei è in accappatoio.. bella…umida…imperlata come un germoglio nella rugiada.
I capelli bagnati profumano come boschi fioriti.
Le mani scorrono lungo le spalle e proseguono sulle braccia, per un intenso secondo le mani si toccano, le dita s’intrecciano…
Le bacia la capoccetta… i polsi…come una madre, come una sposa…
I capelli bagnati si appoggiano come tentacoli sulle spalle, sul collo, e il respiro si unisce.
Si adagia sulla sedia alle sue spalle restando nella penombra, lui scrive.
Gli accarezza la schiena, percepisce le unghie, che discrete si fanno strada su e giù.
Si avvicina ancor di più, lui è immobile, ma tutto un fremito….
Lentamente gli sfila la maglietta.
L\’accappatoio cade a terra, ma continua non lo farlo girare, le piace che la immagini.
Sente le sue braccia che scorrono abbracciandolo da dietro.
I seni caldi si poggiano alla schiena. Ora può sentirla…
Gli poggia nuovamente le labbra sul collo, dietro la nuca, lo mordicchia.
Lentamente, sistematicamente, tormentandolo un morsetto alla volta.
Basta temporeggiare, non resiste più…
Si gira marmoreamente, mentre i denti del suo Fiore acuminato gli sfregano il collo, come un richiamo ancestrale, primordiale.
E’ un bacio lento, umido, sospeso, un abbraccio di lingue… interminabile.
Lo sguardo si fissa negli occhi… uno sguardo pieno di tutto.
Si alzano insieme, lentamente, all’unisono, continuando a baciarsi, senza interrompere quel momento di estasi naturale, di ‘comunione e liberazione’ animalesca e romantica allo stesso tempo.
La cinge prendendola in braccio, la distende dolcemente sul tappeto persiano.
Lei gli toglie gli occhiali e li butta sul un cuscino.
Lui le carezza i capelli… Continuano a baciarsi.
Sulla bocca, sulle guance, sulle ciglia, le orecchie, si tormentano il collo…
La passione gli avvolge… le lingue sono lente, ma battenti a fondo.
Ad ogni bacio sembra vogliano ingoiarsi… si accompagnano sul letto… la musica continua… tocca ad Astor… Libertango… la fisarmonica parte…
Si abbracciano, si massaggiano, si baciano… la notte e\’ lunga e complice.
All’aurora, fanno il bagno nudi, sul riverbero dell’alba.
Il suo Fiore è meraviglioso e lucente.
Bella come una sirena, lussureggiante, lui si sente come un cavaliere errante dentro la foresta incantata. Avvolto in un incantesimo dal quale non si vuole separare mai più.
Lei è l’ombelico del suo mondo. Tutto quello che ha cercato, tutto quello che vuole.
Lui gli piace molto. Lo ama perché è un sognatore irriducibile.
Perché riesce a tenergli testa con dolcezza, per la sua ironia, la profondità umana.
Adora il suo talento. Ammira la sua intelligenza, sa’ che si è sporcato… ma ha saputo rialzarsi.
Lo ha aiutato a raccogliere i cocci che si era perso in giro.
Lo adora anche perché non sa mentire, ma omettere molto bene. Bugie bianche le chiama.
Lui dice sempre che non mente mai, solo perché ha una memoria di merda.
E l’atrofia cerebrale, non lo aiuta.
Ama il suo spirito, ascoltare la sua voce, tuffarsi nel suo sguardo.
Poco importa se l’aids lo ha intrappolato e trasformato in un rottame infettivo, una carcassa conclamata, se i salvavita chiedono un alto tributo.
Lei è colpita dallo spirito indomo, che permette di arrivare sul cucuzzolo… dove osano solo le aquile. Anche lei è Hiv, non in terapia.
Un Fiore, una bellissima orchidea con aculei, come una chimera inventata dall’amore.
Stupenda. Selvaggia… ruvida… guardinga… con vette di cattiveria.
Inaccessibile ai più, come una regina pugnace.
Alla fine la natura risolve tutto… è solo una questione di ‘chimica’.
Al tepore del sole che sfonda le finestre aperte, si addormentano avvinghiati.
Torna con la sua barchetta in tarda mattinata, lei lo ha visto ormeggiare, lo saluta con la mano sorridente, sta preparando insalata di pomodori e cipolline, e il pane ‘cunsato’ con l’olio forte.
Ha predato una cernia, la tiene per una branchia tutto orgoglioso mentre sale sul sentiero.
A pranzo ci sarà pesce arrostito con il ‘salmurigghio’…
Ogni volta coglie un fiore sul cammino, la bacia sorridente e glielo mette tra i capelli.
Il profumo di zagara e gelsomino si mischia all’aroma di lavanda che essiccata giace appesa alle pareti di casa e nei cassetti di biancheria.
La domenica lui prepara il pesto col mortaio, e la pasta fresca, si tirano la farina, si rotolano in terra… e a fine agosto girano il calderone sul fuoco per preparare la salsa per l\’inverno.
Come facevano da piccoli, coi nonni.
La tavolata è fuori, sotto la veranda. Vicino alle amache nell’agrumeto.
La pianta di peperoncino troneggia vicino ai piattini con le olive ‘scazzate’, le acciughe sotto sale, i pomodori secchi. Il pane è sempre fresco, odora di buono… ‘riti’ mai dimenticati.
Momenti caldi, condivisi, spensierati, allegri, che sanno di… famiglia.
Quelli che una volta, davano una certezza di ‘continuità’. Aldilà del tempo.
Il sole caldo batte sulla terra di Trinacria, ricca di tradizioni e culture.
Profumo di ricotta salata mentre si sparge sulla pasta con le melanzane, di cannoli e cassate.
Un bel posto per vivere e invecchiare, dove diventare ‘immortali’.
La sera quando il cielo e\’ sereno sente il profumo di lei…. che sa di mare e terra.
Di amore e garbo, di attenzione e rispetto.
Profumi di vita… di ciò che conta, un’essenza, una fragranza unica, …la sua.
La notte ogni tanto si scialano passeggiando fino a quell’altura dove si vede il vulcano.
Mangiano caramelle di zucchero e mandorle, fatte sul marmo.
Quando certe notti il caldo è implacabile, lei usa un trucco, bagna il pavimento con un po’ d’acqua.
Così possono dormire sul fresco.
Domattina passerà compare Turiddu con la ricotta fresca e il latte appena munto e le uova fresche, trasportate dalla sua inseparabile scecca.
Il pomeriggio presto invece lui riposa sull\’amaca, il canto dei grilli e delle cicale lo concilia ch’è una  bellezza. E’ felice lì… con lei. Non gli manca niente.
Tutto diventa possibile… gratificante, una ‘ricompensa’ genuina di  amore condiviso.
A che altro può aspirare un essere umano impermanente?
Lei si sente a casa…finalmente ha le sue ciabatte ai piedi e riacquistato il suo colore della pelle…
Si sente viva, importante, vera, finalmente il centro del suo universo…
Liberare tutto il suo femminino, matriarcale.
Qualche volta s’incazza, lui a grandi linee, rimane sempre un casinista.
Ma poi gli basta stringerla per interrompere il temporale estivo. Dura poco.
Dopo lo scroscio, i tuoni e fulmini, lo sanno… passa tutto, e ridono… fare la pace e\’ sempre bello.

Viruz è avvelenato, lo ha sempre visto tenebroso e combattuto… non è abituato ad non essere ‘considerato’… è un fatto che lo spiazza… ancora una volta.
Certo che se ne racconta di favolette lo stronzetto.
Sei certo che siano solo favolette? E poi…
Che importanza ha? È lo spirito quello che conta. Le cose cambiano.

Allora è vero…
A questo giro mollo il colpo, ma la prossima volta che ci rincontreremo non me ne andrò.
Niente prigionieri.
Ma neppure ostaggi. Io sono sempre l’ultima a morire, lo sai, …c’è tempo.
E comunque sempre disponibile a romperti il culo, com’è successo anche oggi a lui, come successe tempo fa in quella corsia d’ospedale, e una miriade di altre volte..

Livio si sveglia.
Si siede guardando l’acqua mezzo rimbambito, ha nausea… è rimasto troppo tempo in orizzontale.
Del sogno non si ricorda già più una mazza. Ma la riflessione gli è rimasta sulla punta del cervello.
Rifletteva a passo lento sulla potenza di certe cose…
Di certi scrittori/ci, di certi registi/te, o attori/ci. Di certi film, o teatro, di certi libri.
Ci sono delle volte… che è come se l’autore, mi rubasse una parte intima, …che credevo di conoscere solo io.

Fine.