La riproduzione e l’infezione da virus HIV

di Valeria Savasi

Le profonde trasformazioni nel profilo della infezione da HIV conseguite alla introduzione delle terapie antiretrovirali altamente efficaci hanno riportato al centro della vita dei pazienti desideri e aspettative di qualità impensabili fino a qualche anno fa: tra questi il desiderio di genitorialità. Al tempo stesso  i successi terapeutici hanno dato una falsa percezione del contagio da HIV come di un problema ormai superato, determinando un mutamento della diffusione della infezione non più confinata a gruppi sociali a rischio.
La decisione di avere un figlio, sicuramente fra le più personali, è diventata così materia di dibattito sociale e medico in considerazione sia della prognosi del genitore infetto, sia del rischio di contagio sessuale per il partner sano e per il nascituro.
Sicuramente la coppia che coscientemente desidera un figlio, e che per lo stato della infezione nel partner sieropositivo può intraprendere questo percorso, altrettanto coscientemente chiede al mondo medico una prevenzione della trasmissione al partner della infezione e una prevenzione del rischio di una infezione connatale del figlio.
La corretta risposta medica a questa domanda cosciente della coppia si basa su tre tappe inscindibili:
a) una valutazione infettivologica che confermi la stabilità dello stato di controllo della infezione per regime terapeutico, compliance del paziente, assenza di fenomeni di resistenza non altrimenti superabili,
b) una valutazione del profilo di fertilità della coppia che consenta di scegliere la strategia riproduttiva più efficace,
c) la disponibilità di strutture adeguate e dedicate per risorse materiali e professionali che consentano di  fornire alla coppia il regime terapeutico migliore.

Scenari assistenziali nelle coppie con infezioni da HIV
Problematiche mediche

Come prevedibile dalla epidemiologia, nella maggior parte delle coppie sono sierodiscordanti per infezione maschile. Quando i criteri di accetabilità infettivologici sono soddisfatti, e il profilo di fertilità di coppia è normale il trattamento tipico si basa sulla possibilità di eliminare il virus dal seme mediante trattamento in laboratorio, il seme lavato viene controllato con tecniche di biologia molecolare standard per la esclusione della presenza di DNA virale e viene eseguita una inseminazione endouterina, la più semplice ed efficace tra le tecniche di riproduzione medicalmente assistita.  L’inquadramento del profilo di fertilità di coppia porta a riscontrare, in una percentuale analoga o superiore a quella della popolazione senza problematiche infettivologiche, condizioni di sterilità o subfertilità cioè almeno in due coppie su dieci. In questi casi le terapie di riproduzione medicalmente assistita sono del tutto simili a quelle fornite a coppie infertili salvo che il particolare trattamento appunto di lavaggio del liquido seminale.

Il problema centrale per la gravidanza in coppie sierodiscordanti per infezione femminile è il rischio di trasmissione al neonato della infezione. Il rischio biologico di infezione osservato agli inizi della infezione da HIV, in assenza di alcun presidio terapeutico era stata stimata intorno al 20%. Il trattamento farmacologico in gravidanza per il controllo della replicazione virale, il parto cesareo elettivo e la profilassi breve neonatale hanno ridotto le possibilità d’infezione da madre HIV positiva al figlio a circa l’1%. Questo rischio è addirittura inferiore al rischio a priori del 2,3%  di  patologie connatali per la specie umana, è di molto inferiore a quello di gravi complicanze perinatali associate ad altre patologie croniche come le immunopatie, il diabete insulinodipendente, le trombofilie congenite associate.
In funzione del desiderio di gravidanza sarà opportuno modificare eventualmente il profilo terapeutico per allontanare farmaci potenzialmente nocivi alla gestazione
Il concepimento si realizza facilmente se la coppia è fertile, sono infatti sufficienti autoinseminazioni domiciliari che evitano il contatto sessuale, potenziale fonte di contagio. Assistenzialmente semplici sono ovviamente le procedure di inseminazione endouterina, non richiedendo neppure il lavaggio dello sperma. Se la coppia è infertile non esistono oggi centri italiani in grado di trattare gameti femminili di donne con infezione da HIV.
L’allattamento al seno è sconsigliato perché costituisce una potenziale fonte di contagio post-natale.

Nelle coppie in cui entrambi i partner sono sieropositivi è possibile, se hanno sempre rapporti protetti, che i due partner siano infettati da ceppi virali con differenti mutazioni. La sovrainfezione può determinare fenomeni di resistenza che devono essere prudenzialmente evitati. Anche in questi casi è opportuna l’eliminazione di leucociti dal plasma seminale mediante trattamento seminale in laboratorio (come per le coppie discordanti) per evitare la trasmissione di un ceppo mutato con maggiori rischi, sia per la donna, sia per il concepito. Sino ad ora, tenendo conto dei diritti potenziali del bambino, cioè considerando prudenzialmente i rischi che comunque entrambi i genitori corrono circa la aspettativa di vita, queste coppie non sono state considerate medicalmente eligibili per procedure di riproduzione medicalmente assistita.

Le coppie stabili, sierodiscordanti o sieroconcordanti, che desiderano un figlio devono essere indotti a riflettere sul significato del loro progetto di diventare genitori anche di fronte ad un’infezione che può essere controllata, ma non debellata. La possibilità di un aggravamento o di morte di uno o dei due genitori e le conseguenze sul futuro del concepito devono essere valutate con ponderatezza.
Questi obiettivi possono essere perseguiti se la programmazione della gravidanza avviene sotto controllo medico.
Lo scopo principale dell’assistenza riproduttiva è accertare l’assenza di ostacoli al concepimento, ridurre il rischio di contagio per il partner non infetto, il rischio di trasmissione di virus mutato nelle coppie di partner entrambi infetti ed il rischio di trasmissione verticale.