Un po’ di numeri su cui riflettere

 

Ogni giorno più di 7 mila persone nel mondo contraggono l’infezione da Hiv e più di 4.900 muoiono a causa dell’Aids: dall’inizio dell’epidemia, nel 1981, oltre 60 milioni di persone sono state infettate e circa 30 milioni sono decedute.

Alla fine del 2008 le nuove infezioni da Hiv hanno registrato un calo del 30% rispetto al picco epidemico del 1996. Anche il numero dei decessi correlati è diminuito, grazie alla maggiore disponibilità delle terapie antiretrovirali.

Rispetto ai dati del 2001, le nuove infezioni sono rimaste stabili in America Latina, Caraibi, Medio Oriente, Nord America, Nord Africa ed Europa occidentale. Da segnalare che l’Asia orientale ha visto calare del 25% il numero delle nuove infezioni.

L’Europa e l’Asia centrale sono le uniche regioni che registrano invece una prevalenza dell’Hiv in crescita, con un incremento del 66% del numero di persone che convivono con il virus (Plhiv, People living with hiv) nel periodo tra il 2001 e il 2009: l’Ucraina e la Federazione Russa sono quelle maggiormente colpite, quest’ultima con 980 mila Plhiv.

Quasi il 97% delle persone colpite dal virus vivono in Paesi a reddito basso e medio. L’Africa sub-sahariana, in particolare, continua a essere la più gravemente colpita, con il 68% delle Plhiv (la maggior parte, il 61%, donne) e il 72% dei decessi nel 2008. Dei circa 16,6 milioni di minori di 18 anni che sono rimasti orfani a causa dell’Aids, quasi 15 milioni vivono in questa regione africana, così come il 92% dei 2,5 milioni di bambini che nel mondo sono stati colpiti dal virus.

La situazione in Italia

Le diagnosi di infezione da Hiv

Tra il 1985 e il 2009 sono state 45.707 le nuove diagnosi da infezione da Hiv pervenute da 17 Regioni italiane al Centro operativo antiAids (Coa) del nostro Istituto superiore di sanità Il picco di incidenza è stato registrato nel 1987, per poi abbassarsi fino al 1998 e successivamente stabilizzarsi. L’ultimo anno per cui si hanno le segnalazioni, il 2009, ha visto 2.588 nuove diagnosi con un’incidenza pari a sei abitanti ogni 100 mila. L’incidenza è maggiore al Centro-Nord rispetto al Sud e alle isole. In particolare, l’incidenza più alta è stata registrata in Emilia Romagna, la più bassa in Calabria. Sono dati che inseriscono l’Italia tra i Paesi dell’Europa occidentale con un’incidenza di nuove diagnosi di Hiv medio-alta.

Aumenta l’età media al momento della diagnosi, passata da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2009. Cambiano anche le categorie di trasmissione: diminuiscono i tossicodipendenti (dal 74,6% nel 1985 al 5,4 % nel 2009) e crescono i casi attribuibili a trasmissione sessuale (omo ed etero) passati dal 7,8% nel 1985 al 79% nel 2009. Per il 15,1% delle persone diagnosticate con una nuova diagnosi di infezione nel 2009 non è stato possibile stabilire la modalità di trasmissione.

Nello stesso anno quasi una persona su tre a cui è stata diagnosticata l\’infezione è risultata di nazionalità straniera.

Inoltre, un terzo delle persone con una nuova diagnosi di Hiv vi arriva in una fase avanzata della malattia, quando il sistema immunitario è sensibilmente  compromesso (numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/mm3).

I casi conclamati di Aids

Dal 1982, anno della prima diagnosi in Italia, al 31 dicembre 2010 sono stati notificati al Coa 62.617 casi di Aids. Di questi, 48.389 (77,3%) erano di sesso maschile, 773 (1,2%) in età pediatrica (meno di 13 anni) o con infezione trasmessa da madre a figlio e 5.335 (8,5%) erano stranieri. L’età media alla diagnosi di Aids, calcolata solo tra gli adulti, era di 35 anni per i maschi e di 33 anni per le femmine.

Nel 2010 sono stati notificati al Coa 1.079 nuovi casi, di cui 718 (66,5%) diagnosticati nel 2010 e 361 diagnosticati negli anni precedenti.

C\’è stato un costante incremento dell’incidenza dei casi di Aids dall’inizio dell’epidemia fino al 1995 e, successivamente, un calo fino al 2001, anno da cui il dato è rimasto sostanzialmente stabile. Le Regioni più colpite sono nell’ordine la Lombardia, il Lazio e l\’Emilia-Romagna.

Il 66,2% del totale dei casi si concentra nella fascia d’età 30-49 anni. In particolare è aumentata la quota tra i 40 e i 49 anni (per i maschi dal 10,1% nel 1990 al 38,4% nel 2010 e per le femmine dal 5,7% nel 1990 al 32,4% nel 2010).

L’età media alla diagnosi dei casi adulti di Aids mostra un aumento nel tempo, sia tra gli uomini sia tra le donne. Infatti, se nel 1990 era di 31 anni per i primi e di 29 per le seconde, nel 2010 l’età media è salita rispettivamente a 44 e 40 anni. Nell’ultimo decennio la proporzione di pazienti di sesso femminile tra i casi adulti è rimasta sostanzialmente stabile intorno al 23-25%.

Per quanto riguarda le vie di trasmissione il 54,9% del totale dei casi è attribuibile alle pratiche associate all’uso di sostanze stupefacenti per via iniettiva.

La distribuzione nel tempo mostra però un aumento della proporzione dei casi attribuibili ai contatti sessuali (omo ed etero), i più frequenti nell’ultimo biennio, e una corrispondente diminuzione dei casi attribuibili alle altre modalità di trasmissione. Nel caso dei contatti eterosessuali si può poi fare un’ulteriore divisione in base al tipo di rischio e al sesso: il 40,8% delle donne ha avuto rapporti con un partner di cui era nota la sieropositività, mentre tra gli uomini questa evenienza si è verificata nell’11,8% dei casi.

Nel 2010, quasi 60% dei nuovi casi ha scoperto di essere sieropositivo molto tardi, in concomitanza con la diagnosi di Aids (pazienti cosiddetti late presenters); questa proporzione è aumentata progressivamente negli ultimi 15 anni. Come conseguenza di queste diagnosi tardive, ben due terzi delle persone diagnosticate con Aids dal 1996 a oggi non ha usufruito dei benefici delle terapie antiretrovirali prima della diagnosi.

I decessi, infine, ammontano a 39.344 (62,8%) al 31 dicembre 2010. Tuttavia, è probabile che si tratti di un numero sottostimato, in modo particolare per gli ultimi anni, dal momento che la segnalazione di decesso al Coa non è obbligatoria.

I nuovi dati del Centro operativo Aids «ci confermano che sulla diffusione di questa infezione non bisogna abbassare la guardia», ha commentato Enrico Garaci, presidente dell\’Iss. Le cifre, infatti, mostrano che «nonostante i progressi compiuti- – ha ottolineato il presidente dell\’Iss – l’Italia mostra fra i Paesi dell’Europa occidentale un’incidenza di nuove diagnosi di Hiv medio-alta», la cui lettura nel tempo «ci racconta come è cambiato negli anni il target dell’infezione: non più in maggioranza tossicodipendenti, ma persone che contraggono l’infezione o che sviluppano la malattia in seguito a rapporti sessuali, sia etero che omosessuali. Un altro problema – ha aggiunto – è quello del ritardo della diagnosi, soprattutto negli eterosessuali e negli stranieri, che spiega come la percezione del rischio, in particolare fra gli eterosessuali sia ancora bassa».

FONTE: focussalute
Canale informativo: poloinformativohiv.info