Ha senso prescrivere farmaci antiretrovirali, con tutte le loro ripercussioni sullo stato di salute, solo per evitare di usare il preservativo nei rapporti sessuali? Noi pensiamo di no e non solo per un problema di sostenibilità economica, ma soprattutto perché non vogliamo che passi il concetto che basti una “pillola” per non contrarre la malattia. Dimenticando l’importanza di una vera cultura della prevenzione nei rapporti sessuali.
Per cominciare a parlare di PrEP, che sta per Pre-Exposure Prophylaxis, è bene fare una premessa, poiché si tratta di un argomento particolarmente specifico e poco noto ai non addetti ai lavori.
L’Hiv/Aids ormai ha compiuto oltre 30 anni e la ricerca scientifica è il settore che ha compiuto i maggiori progressi raggiungendo oggi ben 6 classi di farmaci antiretrovirali con circa 20 molecole a disposizione, diversamente combinabili tra loro e a “basso” impatto per la qualità della vita del paziente che le assume tutti i giorni.
A dispetto dei progressi in termini di cura, in molti paesi, tra cui la nostra Italia, su temi sociali e di prevenzione non sono stati fatti altrettanti passi in avanti, tutt’altro.
La conferma di ciò a casa nostra la forniscono i dati ministeriali che registrano circa 4.000 nuove infezioni all’anno ormai da alcuni anni a questa parte. Tra i farmaci che curano l’Hiv da poco meno di una decina di anni c’è il combinato N(t)RTI di nome Truvada (tenofovir ed emcitrabina) davvero molto efficace nel ridurre la replicazione virale. È necessario subito chiarire che questi farmaci non sono delle semplici pillole bensì degli antiretrovirali, Truvada compreso. Quindi per iniziare sgomberiamo il campo da possibili equivoci e precisiamo che la parola PrEP sta a significare non una semplice pillola ma un farmaco vero e proprio, della categoria degli antivirali.
I diversi studi sulla PrEP. Negli ultimi anni sono stati avviati degli studi clinici in America e in UK sull’utilizzo di questo farmaco come profilassi pre-esposizione dato l’incremento di diagnosi da Hiv soprattutto nella popolazione MSM (maschi che fanno sesso con maschi) rispetto all’incidenza generale; ad oggi i tre studi principali Proud, Ipergay e IPrex-ole sono i più rinomati e quelli che richiamano la maggiore attenzione anche nelle conferenze mondiali. Tali studi vengono condotti in modi diversi tra loro (che vedremo più avanti nel dettaglio) al fine di dimostrare che l’assunzione di Truvada nei soggetti sani riduce l’acquisizione dell’Hiv fino all’86% (dati ultimi del Croi 2015).
Lo studio Proud, nello specifico, era partito nel 2011 segnalando un’efficacia del 92% di protezione rispetto all’infezione da Hiv in coppie monogame così come riporta il sito ufficiale del CDC, ma poi i criteri di arruolamento sono cambiati e anche i risultati. Ci piace ricordare a questo punto che anche l’uso ottimale del condom ha risultati notevoli che si attestano al 98% di efficacia di protezione non solo da Hiv ma anche dalle restanti infezioni sessualmente trasmissibili.
Se guardiamo all’andamento dell’infezione da Hiv in Italia solo nel 2013 i casi tra MSM in totale tra italiani e stranieri sono 1.255 + 163 ovvero il 45.9% delle nuove infezioni con una età media che si attesta intorno ai 36 anni; possiamo dire che fanno quasi il pari con la popolazione eterosessuale tutta. Un dato in linea, anzi leggermente più basso, con quello che si registra per esempio nella vicina Spagna, dove l’ultimo aggiornamento è del 2012 e le infezioni riportate tra MSM sono il 51,1% rispetto al 30,6% tra gli eterosessuali. Ma per capire da dove origina il fenomeno PrEP dobbiamo leggere i dati USA secondo i dati ufficiali del CDC (aggiornati a settembre 2014): gli individui MSM con HIV sono il 57% su circa 1 milione e 100mila persone con HIV, percentuale corrispondente a 657.800 persone. Il dato della popolazione sieropositiva include le persone non consapevoli del proprio stato sierologico.
Si capisce bene come con questi numeri l’America abbia deciso di affrontare la questione in qualche modo, e la modalità si chiama anche PrEP ovvero l’uso di farmaci antiretrovirali in chiave preventiva. Le associazioni community based italiane stanno seguendo da tempo la vicenda e con pareri diversi tra loro. A sintesi di questo è recente la firma da parte di alcune di loro del documento di appello per la profilassi PrEP durante l’ultima conferenza Croi 2015 a Seattle, in cui chiedono all’Ema (European Medicines Agency) di dare l’opportunità di scegliere anche la PrEP come strumento di prevenzione.
Nps Italia ha una posizione molto diversa rispetto alle altre associazioni di persone che vivono con Hiv in Italia poiché da sempre si è schierata per una cultura della prevenzione basata sulla responsabilizzazione delle coscienze individuali e l’assunzione di comportamenti sessuali corretti a tutto tondo che tutelino la salute del singolo e di conseguenza della collettività. Rimaniamo sconcertati dall’idea che si proponga a persone sane l’assunzione di un farmaco che si usa per curare le persone già affette dal virus dell’Hiv, pur di sfuggire in qualche modo all’uso del condom e di parlare di condom!
Noi, in quanto persone con Hiv, conosciamo bene cosa significhi assumere la terapia Arv tutti i giorni e gli effetti che a lungo termine ne conseguono, e non possiamo condividere l’idea di medicalizzare il sesso lì dove esistono altri strumenti validi di protezione e lì dove non ci sono dati sulla sicurezza a lungo termine per chi assume questo farmaco, ma soprattutto, ripetiamo, in soggetti sani. La storia delle terapie antiretrovirali ci ha insegnato che ad ogni uscita di un nuovo farmaco, dopo i naturali proclami di giustificato successo, seguono tutti i dati e gli studi clinici necessari sugli effetti collaterali.
Del Truvada, per esempio, sappiamo bene il danno renale causato a dieci anni dalla sua entrata sul mercato, ed infatti come vedremo nell’approfondimento allegato agli studi clinici PrEP (farmaci antiretrovirali) ci sono i primi dati in merito. L’uso corretto del condom è parte fondante dei nostri interventi di prevenzione tra i giovani nelle scuole come unico strumento di tutela della salute da Hiv e da tutte le altre malattie sessualmente trasmesse: Epatiti, Hpv, Clamidya, Herpes simplex, Condilomi, Trichomonas, Sifilide.
La profilassi pre esposizione lavora infatti solo su un livello, cioè come difesa contro l’Hiv, per altro con un’efficacia solo del 78% (dato studio Iprex), mentre il condom offre protezione nel 98/99% dei casi, non solo per l’Hiv ma anche per tutte le altre infezioni sessualmente trasmissibili (Ist). Ritengo che le associazioni che propugnano l’utilizzo della PrEP dovrebbero ragionare più attentamente sui dati a disposizione, soprattutto quelle che si occupano di MSM, e tornare invece a parlare di condom: la mancanza di protezione nel corso di rapporti sessuali ha causato infatti il ritorno di alcune Ist che si credevano debellate e che, a loro volta, costituiscono un terreno fertile per infettarsi anche di Hiv.
Sappiamo per esempio dal rapporto Ecdc che in Europa il 48% dei nuovi casi di sifilide si registra tra gli MSM, e anche se il dato italiano non è conosciuto perché meno del 10% dei medici lo comunica (benché siano per legge obbligato a farlo), è ipotizzabile che gli omosessuali italiani non se la passino meglio.
Nel Piano Nazionale della Prevenzione 2014–2018 se tra i macro obiettivi c’è la riduzione delle infezioni primarie da una parte (quindi anche l’Hiv), dall’altra non c’è alcun accenno all’educazione sessuale propedeutica a questo scopo come unico strumento logico di prevenzione. La nostra associazione ha tra le sue mission quella di prevenire le infezioni da Hiv e anche le altre Ist attraverso interventi di peer educator e testimonial che sulla base del proprio vissuto di persone con Hiv e di attivisti spiegano ai ragazzi come tutelare il loro diritto alla salute sancito dalla nostra costituzione (art. 32) e come combattere ogni forma di discriminazione.
Quindi il nostro lavoro si fa sempre più arduo considerando una società e una scuola in cui non ci sono interventi di governo strutturati che parlino ai ragazzi della loro sessualità, insieme a tematiche come questa che all’interno di un discorso totalmente assente sulla prevenzione e sull’educazione all’uso del preservativo rischiano di creare ancora maggior confusione nella mente dei giovani e dei gruppi vulnerabili.
Una precisazione fondamentale è che questo approccio alla PrEP ( farmaci antiretrovirali) nasce dagli USA che hanno una non piccola differenza col nostro sistema sanitario italiano: il loro è di tipo assicurativo privato mentre il nostro, che è tra i migliori del mondo, è di tipo assistenzialistico, gestito dal nostro stato italiano. I recenti dati del report Aifa ci dicono come la spesa sanitaria farmaceutica ospedaliera sia troppo alta in Italia proprio anche grazie alla voce dei farmaci Arv e per quel che riguarda il sistema americano è dimostrato che la spesa così come è organizzata è eccessiva anche se i prezzi sono regolati da governo – assicurazioni – associazioni mediche.
Condividiamo la possibilità che alcuni gruppi selezionati possano avere il diritto di ricevere la PrEP, come ad esempio i detenuti, IDU, transgender e sex worker. Questi ultimi spesso si trovano a dover negoziare per lavoro l’uso del condom, ma noi ravvisiamo già qualche perplessità nelle coppie sierodiscordanti che desiderano avere una gravidanza per due motivi principali: sia perché esiste in Italia la possibilità di seguire un percorso ad hoc che è la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) – uno dei successi è stato far inserire gli uomini con Hiv/Epatite all’interno di questo percorso con la L.40 – sia perché a carica virale zero ci si può ritenere già protetti rispetto ad una gravidanza senza rischi di contagio.
Dunque la questione della sostenibilità del costo delle PrEP (dei farmaci antivirali) è di fondamentale importanza e deve far riflettere la community tutta delle persone con Hiv sulla mancanza di margini economici; chi vuole questo strumento debba pagarselo di tasca propria.
Infine, vi chiediamo: se uno dei vostri figli adolescenti si trovasse a dover scegliere tra un condom e dei famaci antiretrovirali (PrEP) voi genitori cosa consigliereste?
Prendiamo quindi le distanze dall’appello firmato da alcune associazioni italiane in occasione del CROI 2015 e da chi sostiene e sosterrà l’assunzione di farmaci curativi come fossero farmaci preventivi solo perché non si riesce a parlare con franchezza di comportamenti responsabili nell’ambito di una rivoluzione della cultura della prevenzione.
Rosaria Iardino
Presidente Onorario Nps Italia Onlus
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